mercoledì 27 aprile 2011

Veglia di preghiera sul tema del "lavoro" e dei "lavoratori con e senza lavoro" e del "lavoro senza lavoratori"

Diocesi di Vicenza - Pastorale Sociale

veglia di preghiera
«Non gli farai fare un lavoro da schiavo»
Levitico 25,39
giovedì 28 aprile 2011 ore 20.30

MERCATO ORTOFRUTTICOLO
di fronte alla chiesa di S. Giuseppe al Mercato Nuovo


Lo sviluppo ha bisogno di cristiani
con le braccia alzate verso Dio
(Caritas in veritate, 79)

martedì 26 aprile 2011

primolunedìdelmese "Il vento che soffia dal deserto"

quanto segue è un messaggio di posta elettronico ricevuto da:
primolunedìdelmese
Incontro n. 99 - Progetto Lavori in corso: Pace, Ecologia, Intercultura


- in memoria di Vittorio Arrigoni -

Lunedì 2 Maggio 2011 - ore 20:30

presso la Cooperativa Insieme, via B. Dalla Scola 253, Vicenza
- Parcheggio adiacente. Si raccomanda puntualità! -

Il vento che soffia dal deserto

Radici e prospettive delle rivolte popolari che stanno cambiando il Nord-Africa e il Medio-Oriente. Il vecchio equilibrio s'è rotto e, comunque vada, nulla sarà più uguale a prima. Gli interessi in gioco sulle sponde del mare nostrum.


ne parliamo con

  Gian Paolo Calchi Novati

Insegna Storia e Istituzioni dei Paesi Afro-Asiatici all’Università di Pavia. Ricercatore dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale, del Centro di Studi Africani di Boston e dell’Università della California di Los Angeles. Visiting professor all’Università di Addis Abeba, ha tenuto corsi e seminari alle università di Milano, Pisa, Urbino, Tunisi, Nairobi e Città del Messico. È stato direttore dell’Istituto per le Relazioni tra l'Italia e i paesi dell'Africa, America Latina Medio e Estremo Oriente (IPALMO) e della rivista Politica Internazionale. Campi di ricerca: colonialismo e decolonizzazione in Africa e Medio Oriente; Stato e nazione nel Corno d’Africa; crisi dello Stato postcoloniale; Il Terzo mondo nelle relazioni internazionali.

Chi siamo

Il primolunedìdelmese è la più longeva esperienza nel suo genere nella città del Palladio: dall’Aprile del 1998 abbiamo, infatti, realizzato oltre un centinaio di incontri di riflessione su tematiche di attualità ed assemblee di coordinamento. Ingredienti di base della nostra proposta formativa alla cittadinanza sono: la qualità degli interventi; l'approfondimento delle problematiche e la ricerca di soluzioni concrete alle stesse; l'apertura al confronto, la curiosità intellettuale e il pluralismo socioculturale (non necessariamente il punto di vista dei relatori rappresenta quello dei promotori); i toni pacati del dibattito, lontani anni luce da certi programmi televisivi; lo stile partecipativo, la consapevolezza della responsabilità sociale, il senso etico del nostro impegno.

Il pldm (abbreviato) non è una nuova associazione, non ha, quindi, uno statuto, ma semplici regole condivise dai partecipanti. Pur restando aperto al contributo di tutti, esso è frutto di un coordinamento ad hoc di varie realtà, impegnate nella costruzione di una società più giusta e umana, nella salvaguardia dell’ambiente, nella solidarietà e cooperazione internazionali, nella difesa dei diritti umani e civili, nella lotta per la pace nel mondo.

In un panorama, da un lato, segnato da scarsa informazione sulla realtà, tergiversazione dei contenuti, scadimento generale delle forme comunicative, e, dall'altro, dall'assenza di politica, intesa nel senso più nobile del termine, e dalla sua perdita di contatto con la concretezza di persone e territori, il pldm è uno dei pochi spazi di riflessione e partecipazione, aperti a tutti, nella nostra città.

In tal senso, concepiamo la nostra proposta come un servizio alla cittadinanza tutta, in particolare a quella organizzata nel variegato mondo dell'associazionismo. Quel che ci preme è favorire un confronto sui temi trattati, nel rispetto del pluralismo e senza remore. In tal senso, rigore metodologico, dialogo e condivisione di esperienze, rappresentano, al contempo, il fine e il mezzo dell'iniziativa.

Il pldm nasce da un'idea dell'associazione Alternativa Nord-Sud per il XXI secolo (ANS-XXI ONLUS) che lo organizza e coordina; è, inoltre, sostenuto e promosso da: CGIL; CISL; LEGAMBIENTE, circoli di Vicenza e Parco del Retrone; Loma Santa (Terra Promessa); Progetto Sulla Soglia (Rete Famiglie Aperte, Cooperativa Sociale Tangram, Cooperativa Sociale Insieme); Gruppo Sud-Nord Araceli.

Alle persone che volessero maggiormente condividere questa esperienza, indipendentemente dalle eventuali associazioni di appartenenza, proponiamo la pldm-card: per adesioni e maggiori informazioni, scriveteci a questo indirizzo.

La partecipazione agli incontri è libera e gratuita: per poter meglio organizzare le serate, è gradita conferma della  propria partecipazione.

Informativa sulla privacy ai sensi del D.Lgs. 196/2003. Titolare del trattamento dei dati è l'associazione Alternativa Nord/Sud per il XXI secolo (ANS-XXI ONLUS). Gli indirizzi di questa mailing-list sono stati forniti dai diritti interessati in occasione di varie iniziative dei promotori del pldm. Per non ricevere più questi annunci, basta rispondere a questo indirizzo, scrivendo: CANCELLAMI

lunedì 18 aprile 2011

Convegno "Una chiesa custode del creato" del 10 giugno a Padova

Convegno "Una chiesa custode del creato" 10 giugno a Padova

programma - pdf (a breve)
scheda di iscrizione - pdf (a breve)





giovedì 14 aprile 2011

Venti di pace di mons. Giancarlo Maria Bregantini

da Adista ::. Archivio anno 2011 ::. Adista Segni nuovi n. 31 


Venti di pace

di mons. Giancarlo Maria Bregantini
Credo che non sia sfuggita a nessuno la triste coincidenza tra due date, con una cadenza terribile: fu, infatti, il 19 marzo del 2003 che iniziò la guerra contro l’Iraq. E proprio il 19 marzo del 2011 è incominciata la guerra contro la Libia. Otto anni di inutili stragi, che non ci hanno insegnato nulla. Davanti alla guerra in Iraq si levò subito il monito durissimo di papa Giovanni Paolo II, che ben conosceva il dramma di conflitti, apparentemente facili all’inizio, ma tragici nel loro imprevedibile svolgersi. La guerra, infatti, resta sempre un’avventura senza ritorno.

E quando nel 2003, come cattolici, anche su importanti riviste come Famiglia Cristiana, prendemmo netta posizione contro quella guerra, quante pesanti lettere minacciose ricevemmo!

Anche da parte di preti e di cattolici, che ci definivano superficiali, incapaci di capire la realtà, nemici degli americani. A otto anni di distanza, sarebbe bello rileggere quelle lettere, per cogliere chi aveva ragione, chi era realmente nemico degli americani. La guerra in Iraq non ha avuto né vinti né vincitori. Tutta l’umanità ha fatto un passo indietro. E l’Italia non ha saputo ripudiare la guerra come mezzo di soluzione dei conflitti internazionali, come chiesto dalla nostra bella Costituzione!

Anzi, la guerra si è estesa all’Afganistan, con tanti morti anche tra i nostri ragazzi, mandati a “difendere la pace”. Ogni volta seppelliti tra commoventi liturgie, che però non ci hanno insegnato nulla. Ma è vera pace quella che si deve difendere con le armi?

Non c’è altra via per aiutare il popolo afghano? Non potremmo essere presenti tra quella gente tanto provata, con il volontariato, la scuola, i musei, l’arte, i pozzi d’acqua, l’agricoltura, la musica? Non sono da sempre queste le strade che hanno reso vera la presenza italiana all’estero, additando nei nostri ragazzi quei caschi bianchi di pace, che promuovono il vero sviluppo dei poveri, come ci ha insegnato Paolo VI, nella sua regale Populorum Progressio?

Ma ecco che, otto anni dopo, l’Europa cade ancora in una guerra assurda, proclamata in fretta, dopo che le diplomazie internazionali sono rimaste comodamente a guardare, anziché attivare da subito i canali di feconde trattative di mediazione. E l’Italia ne aveva tutte le possibilità! E così, di colpo, ci siamo trovati in guerra. Senza che nessuno l’avesse dichiarata, senza nemmeno dirlo esplicitamente!

Ed anche questa volta, chiara si è levata, accanto a quella di cristiani, di preti e di vescovi, la voce di Benedetto XVI che ha chiesto di fermare gli aerei e i missili, per tornare a trattare, sedendosi fiduciosi attorno ad un tavolo, per guardarsi negli occhi, certi che solo con il bene si vince il male.

La tristezza maggiore, in quei primi giorni, è stata però quella di vedere dettagliati servizi televisivi che esaltavano le missioni aeree con l’arroganza dei vittoriosi. Come se la superiorità tecnica bastasse a vincere le resistenze personali di Gheddafi.

Oggi ci si è accorti che l’hanno inviperito maggiormente, rendendolo una vittima delle potenze occidentali, presentate come i nuovi crociati. E così ancora una volta siamo entrati nella logica delle contrapposizioni storiche: i poveri da una parte ed i ricchi dall’altra. E con i ricchi, ecco che ci siamo trovati anche noi, i cristiani!

Che tristezza! Dove sono le Beatitudini? Che diremo ai nostri ragazzi, quando litigano? Quale educatore non si sentirebbe rispondere: «Prima dateci voi adulti l’esempio!». Con la guerra abbiamo perso la grande battaglia educativa, come Chiesa e come società! Si è infatti dimostrato che i pugni e i calci possono aver ragione, negli stadi, nelle strade, in classe! Perché quando sparano le armi, anche i calci sono di fatto legittimati!

Non ci resta che un serio esame di coscienza! Un “no” secco alla guerra ed un forte impegno educativo con i nostri ragazzi. Fatto di perdono, di stima reciproca, di speranze condivise! E che Dio abbia pietà di noi, che ignoriamo Lazzaro alla nostra porta!



* Arcivescovo di Campobasso-Boiano, presidente della Commissione Cei per i Problemi sociali e il Lavoro

martedì 12 aprile 2011

Corso di formazione di Peace Brigades International, Italia ONLUS


Corso di formazione P.B.I. (brigate internazionali per la Pace) Italia Onlus:
le iscrizioni si raccolgono fino al 20 maggio 2011.

Per informazioni, leggi / scarica il pdf

Lettera aperta al Presidente della Repubblica on. Giorgio Napolitano


Questo è il testo della lettera che gli allievi di don Lorenzo Milani hanno indirizzato all'attenzione del Presidente della Repubblica.
Il testo è pubblicato sul sito www.altreconomia.it attraverso il quale è possibile aderire all'appello. Anche dal sito del CNMS (www.cnms.it )

Per informazioni e interviste:
Francesco Gesualdi, coord@cnms.it - tel. 050.82.63.54

Lettera aperta al Presidente della Repubblica
on. Giorgio Napolitano
11 Aprile 2011

Signor Presidente,
lei non può certo conoscere i nostri nomi: siamo dei cittadini fra tanti di quell'unità nazionale che lei rappresenta.
Ma, signor Presidente, siamo anche dei "ragazzi di Barbiana". Benchè nonni ci portiamo dietro il privilegio e la responsabilità di essere cresciuti in quella singolare scuola, creata da don Lorenzo Milani, che si poneva lo scopo di fare di noi dei "cittadini sovrani". Alcuni di noi hanno anche avuto l'ulteriore privilegio di partecipare alla scrittura di quella Lettera a una professoressa che da 44 anni mette in discussione la scuola italiana e scuote tante coscienze non soltanto fra gli addetti ai lavori.
Il degrado morale e politico che sta investendo l'Italia ci riporta indietro nel tempo, al giorno in cui un amico, salito a Barbiana, ci portò il comunicato dei cappellani militari che denigrava gli obiettori di coscienza. Trovandolo falso e offensivo, don Milani, priore e maestro, decise di rispondere per insegnarci come si reagisce di fronte al sopruso. Più tardi, nella Lettera ai giudici, giunse a dire che il diritto - dovere alla partecipazione deve sapersi spingere fino alla disobbedienza: “In quanto alla loro vita di giovani sovrani domani, non posso dire ai miei ragazzi che l'unico modo d'amare la legge è d'obbedirla. Posso solo dir loro che essi dovranno tenere in tale onore le leggi degli uomini da osservarle quando sono giuste (cioè quando sono la forza del debole). Quando invece vedranno che non sono giuste ( cioè quando avallano il sopruso del forte) essi dovranno battersi perché siano cambiate”.
Questo invito riecheggia nelle nostre orecchie, perché stiamo assistendo ad un uso costante della legge per difendere l'interesse di pochi, addirittura di uno solo, contro l'interesse di tutti. Ci riferiamo all’attuale Presidente del Consiglio che in nome dei propri guai giudiziari punta a demolire la magistratura e non si fa scrupolo a buttare alle ortiche migliaia di processi pur di evitare i suoi.
In una democrazia sana, l'interesse di una sola persona, per quanto investita di responsabilità pubblica, non potrebbe mai prevalere sull'interesse collettivo e tutte le sue velleità si infrangerebbero contro il muro di rettitudine contrapposto dalle istituzioni dello stato che non cederebbero a compromesso. Ma l'Italia non è più un paese integro: il Presidente del Consiglio controlla la stragrande maggioranza dei mezzi radiofonici e televisivi, sia pubblici che privati, e li usa come portavoce personale contro la magistratura. Ma soprattutto con varie riforme ha trasformato il Parlamento in un fortino occupato da cortigiani pronti a fare di tutto per salvaguardare la sua impunità.
Quando l'istituzione principe della rappresentanza popolare si trasforma in ufficio a difesa del Presidente del Consiglio siamo già molto avanti nel processo di decomposizione della democrazia e tutti abbiamo l'obbligo di fare qualcosa per arrestarne l'avanzata.
Come cittadini che possono esercitare solo il potere del voto, sentiamo di non poter fare molto di più che gridare il nostro sdegno ogni volta che assistiamo a uno strappo. Per questo ci rivolgiamo a lei, che è il custode supremo della Costituzione e della dignità del nostro paese, per chiederle di dire in un suo messaggio, come la Costituzione le consente, chiare parole di condanna per lo stato di fatto che si è venuto a creare. Ma soprattutto le chiediamo di fare trionfare la sostanza sopra la forma, facendo obiezione di coscienza ogni volta che è chiamato a promulgare leggi che insultano nei fatti lo spirito della Costituzione. Lungo la storia altri re e altri presidenti si sono trovati di fronte alla difficile scelta: privilegiare gli obblighi di procedura formale oppure difendere valori sostanziali. E quando hanno scelto la prima via si sono resi complici di dittature, guerre, ingiustizie, repressioni, discriminazioni.
Il rischio che oggi corriamo è lo strangolamento della democrazia, con gli strumenti stessi della democrazia. Un lento declino verso l'autoritarismo che al colmo dell'insulto si definisce democratico: questa è l'eredità che rischiamo di lasciare ai nostri figli. Solo lo spirito milaniano potrà salvarci, chiedendo ad ognuno di assumersi le proprie responsabilità anche a costo di infrangere una regola quando il suo rispetto formale porta a offendere nella sostanza i diritti di tutti. Signor Presidente, lasci che lo spirito di don Milani interpelli anche lei.
Nel ringraziarla per averci ascoltati, le porgiamo i più cordiali saluti
Francesco Gesualdi, Adele Corradi, Nevio Santini, Fabio Fabbiani, Guido Carotti, Mileno Fabbiani,
Nello Baglioni, Franco Buti, Silvano Salimbeni, Enrico Zagli, Edoardo Martinelli, Aldo Bozzolini



Breve scheda biografica di don Lorenzo Milani
Don Lorenzo Milani, morto nel giugno 1967, è salito alla ribalta della scena italiana per essersi dedicato, corpo e anima, all'elevazione culturale di operai e contadini affinché potessero affrancarsi dall'oppressione e dall'ingiustizia.
Persona tutta d'un pezzo, appena nominato cappellano a Calenzano (Firernze), scosse l'Italia per la sua costante denuncia di tutte le situazioni che provocano ingiustizia e violazione dei diritti, indipendentemente da chi le provocasse o avallasse. Ciò gli procurò molti nemici anche all'interno della sua stessa Chiesa, che per neutralizzarlo lo confinò a Barbiana, un villaggio sperduto sugli Appenini toscani. Ma la sua notorietà crebbe ulteriormente perché creò una scuola del tutto innovativa, per contenuti, finalità e metodi. L'atto finale fu la stesura di Lettera a una professoressa, un testo collettivo scritto assieme agli allievi per denunciare il carattere classista e discriminatorio della scuola italiana.
Don Milani è famoso anche per la Lettera ai Giudici, nella quale sostiene il primato della coscienza sulle leggi dell'uomo proponendo la disobbedienza come via estrema per evitare all'umanità il ripetersi delle atrocità che ha conosciuto.

lunedì 11 aprile 2011

L’Italia ferita, come curare l’albero malato della politica?


Da Il Sole 24 Ore del 10/4/2011

RIFLESSIONI SUI NOSTRI TEMPI
L’Italia ferita, come curare l’albero malato della politica?
Di Bruno Forte –Arcivescovo di Chieti-Vasto

“Su quale bilancia si pesa la vita di un uomo? Secondo quale ordine si tirano le somme, da cui risultano il guadagno e la perdita di questa vita, e appare chiaro il suo senso ultimo?”
Con queste parole, il 4 novembre 1945, Romano Guardini introduceva a Tubinga la commemorazione dei martiri della Rosa Bianca, gli studenti universitari fucilati su ordine del Tribunale del Reich per aver diffuso volantini in cui denunciavano con verità e coraggio la follia della guerra e le menzogne di Hitler. Guardini rispondeva alla domanda individuando un triplice criterio per misurare una vita: l’ordine delle cose materiali e dunque dell’onestà, del rispetto e della prudenza nel loro uso; quello dell’azione e dell’opera, e dunque del coraggio, della fortezza e della perseveranza nel perseguire gli scopi; e, infine, l’ordine dei beni spirituali e dunque dell’amore e della fede, del sacrificio e del dono di sé. I giovani della Rosa Bianca – ispirandosi al Vangelo come norma di vita – avevano dato senso e valore alla loro esistenza secondo questo triplice ordine.
Un triplice ordine corrispondente a quello del vero, del bene e del bello. E’ a questa stessa impostazione che vorrei ispirarmi nell’osservare – al di fuori della mischia e con il senso della misura più alto possibile – la scelta politica del nostro Paese, in questa stagione convulsa tanto sul piano interno, quanto su quello delle relazioni internazionali.

La verità è la prima misura su cui verificare un cuore e una vita: si può dire che la grandezza di uno spirito si misuri dal grado di verità che è capace di sopportare. La verità non ha bisogno di essere difesa: si difende da se stessa. Chi si preoccupa troppo di difendere la verità, invece di testimoniarla nella pacatezza delle sue convinzioni, dimostra di credervi poco. Alla verità si corrisponde, si obbedisce: non ci si serve di essa, è la verità che va servita. Proprio così la verità libera dalla maschera, dalle apparenze, dalle false certezze. Gesù stesso ha voluto indicare la perfetta equivalenza di verità e libertà: “La verità vi farà liberi” (Gv8,32).
Possiamo dire che quanti ci governano oggi siano testimoni della verità? Ci dà questa impressione la scena dei dibattiti parlamentari di questi giorni? Quanti fra gli italiani potrebbero affermare con certezza che coloro che li governano – espressione del loro voto – agiscano secondo una logica che non sia quella fatua dello scegliere ciò che è utile e fa piacere, ma quella profonda, segnata da scelte costose sul piano personale, nascoste agli occhi degli uomini, e per chi crede note al cuore di Dio? Di quale fra i personaggi della scena pubblica si potrebbe dire quanto Gesù dice di Natanaele: “Ecco davvero un uomo in cui non c’è falsità” (Gv1,47)? Non il calcolo utilitaristico, non la ricerca dell’immagine, non il chiasso delle apparenze, ma la verità deve essere l’ispirazione profonda di chi intende servire il bene comune e non servirsene.

La bontà è il secondo criterio di misura del peso e del valore di un uomo: inseparabile dal vero, il bene ne è il volto operativo, l’irradiazione pratica, lo splendore che riscalda e conforta.  Come la Verità, così il Bene è inseparabile dalle radici nascoste, dall’essere profondo: “Dai loro frutti li riconoscerete. Si raccoglie forse uva dalle spine, o fichi dai rovi? Così ogni albero buono produce frutti buoni e ogni albero cattivo produce frutti cattivi; un albero buono non può produrre frutti cattivi, né un albero cattivo produrre frutti buoni” (Mt17,16-18).
Di quanti politici è possibile pensare che siano come l’albero buono, che produce i suoi frutti nella fedeltà, perché sceglie di fare il bene anche quando questa scelta possa apparire improduttiva o perdente, testimoniando di preferire la forza della bontà e della benevolenza a ogni logica di potere e di affermazione di sé? E di quanti possiamo pensare che vogliano essere buoni, conservando il tratto che rende dolce la bontà: la simpatia? Il senso dell’umorismo, la cordialità, l’accoglienza del cuore, sono normalmente la riprova di un albero buono, che non ha bisogno di schermi o di difese, che dà i suoi frutti nell’umiltà e nella pace. E se non sempre è la stagione dei frutti, sia dato a ogni cittadino di esercitare realmente, attraverso un sistema elettorale giusto, quella sapienza del bene, che sa riconoscere ogni uomo nella sua stagione.

Infine, è il bello la misura di un’esistenza: non il bello esteriore, che incanta e acceca, ma quello profondo, rivelato nel segno dell’amore e del dono. In un testo stupendo Agostino afferma che colui che è “l’uomo dei dolori” (Is53,2) è anche “il più bello tra i figli degli uomini” (Sal45,3), e che ciò può spiegarsi soltanto con la chiave dell’amore: “Egli non aveva bellezza né decoro per dare a te bellezza e decoro. Quale bellezza? Quale decoro? L’amore della carità, affinché tu possa correre amando e amare correndo… Guarda a Colui dal quale sei stato fatto bello” (In Io.Ep.IX,9). E’ qui che si può cogliere quale sia lo specifico di un politico cristiano: credere nel Dio crocifisso, affidarsi al Padre che consegna suo Figlio per noi, questa è la fede, questa la bellezza, anticipo di eternità. In quanti dei nostri politici “cristiani” – quale che sia la loro appartenenza – traspare questa bellezza, quest’amore? Dov’è lo sguardo sereno, abbandonato in Dio senza alcuna ostentazione, di un Alcide De Gasperi? Chi dei protagonisti dell’attuale scena politica passerà al vaglio del triplice criterio proposto da Guardini per misurare il valore di un’esistenza vissuta?
Lascio a ciascuno di rispondere a queste domande, se vorrà farlo. A me basta averle sollevate, per amore di tutti, guardando al bene comune della nostra Italia, sconcertata e ferita.

sabato 2 aprile 2011

La sposa siriana

Cari amici, vi ricordiamo che
giovedì 7 aprile 2011 alle ore 20.45
presso il Centro Culturale San Paolo
Viale Ferrarin 30 (possibilità di parcheggio) - 36100 VICENZA
per iniziativa dell'Associazione Salaam ragazzi dell'olivo - Vicenza, in collaborazione con il Centro culturale San Paolo - Onlus e con Pax Christi - Vicenzanell'ambito del ciclo
CON LA PALESTINA NEGLI OCCHI

verrà proiettato il film
La sposa siriana

di Eran Riklis


Francia, Germania, Israele 2004, regia di Eran Riklis, drammatico, 97 min., cast Hiam Abbass, Makram J. Khoury, Clara Khoury, Ashraf Barhoum, Eyad Sheety, sceneggiatura Suha Arraf, Eran Riklis, musiche Philippe Eidel, fotografia Renato Berta, produzione: Bettina Brokemper, Antoine de Clermont-Tonnerre, Michael Eckelt, Eran Riklis; distribuzione: Mikado. Premi 2004 Montréal World Film Festival, "Grand Prix" (Miglior film), 2004 Flanders International Film Festival, "Miglior sceneggiatura", 2004 Festival internazionale del film di Locarno, "Premio del pubblico", 2005 Bangkok International Film Festival, "Golden Kinnaree Award" (Miglior film), 2005 European Film Awards nomination, "Miglior attrice" - Hiam Abbass
IL REGISTA: Nato a Gerusalemme, cresciuto tra gli Stati Uniti, il Canada e il Brasile, Eran Riklis si è diplomato alla National Film School di Beaconsfield, in Inghilterra, nel 1982. I suoi film, acclamati da pubblico e critica di tutto il mondo, lo hanno reso uno dei più conosciuti registi israeliani contemporanei. Tra i suoi titoli ricordiamo On a clear day you can see Damascus (1984, suo film d'esordio), Cup Final (1992, presentato a Venezia e Berlino), Zohar (1993, il più grande successo del cinema israeliano degli anni novanta), Vulcan Junction (2000), Temptation (2002) e La sposa siriana (2004), distribuito in tutto il mondo e vincitore di 18 riconoscimenti internazionali.
Oltre ai film per il grande schermo, Riklis ha diretto e prodotto documentari e serie televisive molto noti in patria, tra cui vanno menzionati The Truck, Cause of Death: Murder, Lucky, The Poetics of Masses , Borders. All'attività di regista, inoltre, ha affiancato negli ultimi anni anche quella di produttore per il cinema, con film come Until Tomorrow Comes (2004), Three Mothers (2006), Burning Muki (2008).
Con Il giardino di limoni partecipa al Festival di Berlino del 2008 e vince il Premio del Pubblico. L'ultimo suo film è Il responsabile delle risorse umane (2010).
LA TRAMA E LA CRITICA: Le alture del Golan sono state occupate da Israele a partire dal 1967 e da allora sono territori oggetto di contestazione da parte della Siria. In molti villaggi vive una popolazione a maggioranza drusa. Durante tre anni di viaggi, il regista Eran Riklis e la sceneggiatrice israelo-palestinese Suha Arra hanno raccolto testimonianze sulla zona di confine tra Israele e Siria proprio a ridosso delle alture del Golan. Il risultato di questo lavoro di ricerca, in cui gli autori sono venuti a conoscenza di storie drammatiche e bizzarre, è un film politico, arguto e velato a tratti da un'amara ironia. E’ la storia di Mona, che va in sposa ad un attore televisivo siriano, pur sapendo che una volta oltrepassato il confine siriano non potrà mai più fare ritorno alla propria famiglia.
In realtà il matrimonio è il presupposto di partenza, ma non è l'argomento principale del film. Nulla ci viene detto su come Mona e Tallel si siano conosciuti o perché si sposino o si amino, anche perché non si vedranno fisicamente che al momento delle nozze. Quello che davvero conta è la forza dinamica del matrimonio: esso di per sé è in grado di far venire alla luce le contraddizioni politiche, culturali e sociali all'interno di una piccola famiglia drusa del Golan. Così abbiamo un padre che non può partecipare al matrimonio perché gli è precluso l'accesso alle zone di confine militarizzate, un figlio non accettato dal padre perché ha sposato una donna russa, particolare contrario ai dettami delle gerarchie ecclesiastiche, ed un universo femminile in lenta ma inesorabile rivolta contro i valori di una società maschilista. In questo ultimo tema si nota il tocco di Suha Arra, molto nota per le sue idee moderne e progressiste. Le donne del film hanno legami molto stretti, che sfuggono a differenze generazionali, sociali o religiose, mostrando come sia impossibile che il loro silenzio sotterraneo duri ancora a lungo. Si parlano molte lingue nel film, proprio a rappresentare il quadro culturalmente eterogeno in cui si svolge la narrazione: ebraico, arabo, russo, francese ed inglese. Ma spesso è proprio questa differenza a impedire la comunicazione, anche all'interno della stessa famiglia.
Un film che vale la pena vedere per molte ragioni. Perché dà l'idea della situazione dei drusi del Golan, popolazione di cui non si parla molto, ma anche perché è un film poetico, fatto di piccoli gesti, di sguardi e di movimenti appena percettibili, messi tuttavia in evidenza da una regia sicura e discreta. Ma si può anche notare una certa ironia, soprattutto nel constatare come certe zone della terra, benché contese politicamente, nella normale amministrazione siano spesso dimenticate da una burocrazia ottusa ed implacabile. (Mauro Corso)

Per la proiezione verrà chiesto un contributo di 2 euro.
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per informazioni:

Miriam Gagliardi - miriam.gag@alice.it
Ivetta Cappellari - pippic2004@libero.it

Centro Culturale San Paolo – Onlus: Tel. 0444.937499 - centroculturale.vicenza@stpauls.it