domenica 29 gennaio 2012

Pap Khouma "Noi italiani neri": venerdì 3 febbraio a Vicenza

dal sito http://www.caritas.vicenza.it/documento.asp?id=3543&lingua=ITA&categoria=4

"Noi italiani neri"


Un libro del giornalista italo-senegalese Pap Khouma
Venerdì 3 Febbraio 2012, ore 18
Sala Degli Stucchi del Municipio di Vicenza

Corso Palladio 98

Nell'ambito della campagna "L'ITALIA SONO ANCH'IO" a sostegno dei diritti di cittadinanza dei migranti e dei loro figli, il Comitato vicentino ha invitato lo scrittore e giornalista italo-senegalese PAP KHOUMA per presentare il suo libro "NOI ITALIANI NERI" (Dalai Editore, 2010). Il libro, proposto per la prima volta nella nostra provincia,  tocca i temi del rapporto tra nuovi cittadini ex-migranti e le difficoltà che la società di arrivo antepone per una effettiva pratica di CITTADINANZA CONDIVISA. 

Pap Khouma, di origine senegalese, vive a Milano, dove si è sempre occupato di cultura e di letteratura, attraverso numerose e svariate esperienze. Per dodici anni ha girato l'Italia, invitato da scuole di diverso ordine e grado a svolgere "lezioni" sulla storia e la cultura africana, e sui temi della multiculturalità. Per conto dei Provveditorati ha tenuto corsi di aggiornamento per insegnanti sull'integrazione. Ha partecipato come relatore a numerosi convegni nazionali e internazionali, presso le maggiori  università italiane (Milano, Roma, Bologna), sui grandi temi dell'immigrazione, della cultura e della letteratura , e nel 1998 è stato invitato a svolgere un ciclo di conferenze negli Stati Uniti. Ha lavorato come responsabile della "libreria del viaggiatore" all'interno del Megastore B612 di via Muratori a Milano, e ha partecipato alla progettazione e all'ideazione della stessa, prendendo personalmente i contatti e i successivi accordi con le maggiori case editrici nazionali. Lavora ora presso la libreria FNAC di Milano, dove si occupa in particolare del reparto libri in lingua originale. Iscritto all'Albo dei giornalisti stranieri dal 1994, per quattro anni (1991-1995) ha firmato una rubrica su "Linus", e ha collaborato con "l'Unità", "Il Diario", "Epoca", "Sette", "Metro". Ha pubblicato Io, venditore di elefanti (insieme al giornalista e scrittore Oreste Pivetta, Garzanti ed. 1990), giunto oggi all'ottava edizione, adottato da molte scuole come libro di testo, e i cui brani sono inseriti in numerose antologie scolastiche, ed è stato curatore e coautore del libro Nato in Senegal immigrato in Italia (Ambiente ed. 1994).

Introduce e coordinaEnio Sartori, docente di Lettere al liceo sociale "Arturo Martini” di Schio, direttore di «Trickster», Rivista del Master in Studi Interculturali della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Padova, è dottore di ricerca presso il Dipartimento di Italianistica della stessa università. Si occupa delle relazioni tra lingue, territori e migrazioni, in particolare nel Nordest. Tra le sue pubblicazioni si ricorda la prosa poetica Vedi alla voce corpo (Ellemme, Roma 1989), il saggio di antropologia culturale e religiosa Alla soglia dell’alba. Il Summano e la leggenda di sant’Orso tra mito e storia (Signum, Padova 2000), l’audiolibro di poesie in dialetto vicentino Parole suonate in controcanto (Il Narratore, Padova 2002). È anche autore dei testi dell’album di Patrizia Laquidara Il canto dell’anguana (Slang Records, Brescia 2011).

Info: l'italiasonoanchiovi@gmail.com- 377 1981414 - 334 7563705

venerdì 27 gennaio 2012

Giornata della Memoria


dal sito http://www.ucei.it/giornodellamemoria/



Il 27 gennaio 2012, nel sessantasettesimo anniversario dall’apertura dei cancelli di Auschwitz da parte dell’Armata Rossa, celebriamo per la dodicesima volta in Italia il Giorno della Memoria.
 
Una data che viene ricordata contemporaneamente in molti Paesi europei, e che è divenuta, in questi anni, importante e molto sentita dalla popolazione e dalle istituzioni. 
 
Perchè il tentativo di annientamento degli ebrei d’Europa perpetrato dal nazismo e dai suoi alleati, nel segno di una ideologia criminale che si abbattè anche contro altre categorie, teorizzando la supremazia di uomini su altri uomini e portando l’Europa e il mondo a una immane catastrofe, è una parte della nostra storia collettiva che scuote le coscienze, spingendo le persone a chiedersi come possa essere potuto accadere. 
 
Molti saggi e opere letterarie hanno posto questioni filosofiche e teologiche in merito alla tragedia della Shoah, quale abisso nella storia umana. Per questo, il monito che la Shoah

continua al sito http://www.ucei.it/giornodellamemoria/

venerdì 20 gennaio 2012

Appello "Giù le mani dall'acqua e dalla democrazia!"

Sembra che il Governo Monti pensi di mettere in campo un'iniziativa legislativa sui servizi pubblici locali (acqua inclusa), a partire dal Consiglio dei Ministri del prossimo 20 gennaio.
Qualsiasi sia il provvedimento proposto sarà inevitabile la contrapposizione con l'esito referendario e il mancato rispetto della volontà popolare.

In merito ci vengono in aiuto un articolo de Il Sole 24 Ore di ieri (scaricabile qui) e un documento che l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha inviato al Governo lo scorso 05 gennaio (scaricabile qui).
Il quotidiano di Confindustria, sempre ben informato sulle intenzioni del Governo, oltre a scrivere diverse "imprecisioni" sulle posizioni dei referendari, arriva a proporre la definizione delle forme di gestione del servizio idrico: per cui sostanzialmente si dovrebbe tornare alle tre forme di gestione (gara, società misto pubblico-privata, e affidamento "in house"), così come previsto dall'art. 113 del TUEL per tutti i servizi pubblici, poi successivamente traghettato nell'art. 150 del Decreto Ambientale per quanto riguarda l'acqua. Inoltre propone di mettere paletti ben precisi all'affidamento "in house".
In questo modo si arriverebbe ad escludere la possibilità di gestione tramite enti di diritto pubblico disconoscendo di fatto l'esito referendario.

L'Antitrust va ben oltre e arriva a chiedere al Governo l'estensione a tutti i servizi pubblici locali (quindi acqua inclusa) delle norme inserite nell'art. 4 della "manovra estiva". Infatti nel suo documento chiede di "limitare i casi di esclusione dalla nuova disciplina".

Questi, dunque, sembrano essere i propositi del Governo dei professori a cui va data sin da subito un'adeguata risposta affinchè si scongiuri la loro concretizzazione.

Per questo è stato predisposto l'appello "Giù le mani dall'acqua e dalla democrazia!" che inoltriamo di seguito e in allegato, su cui è pronta una raccolta di firme on line. Puntiamo a raccogliere migliaia di firme già entro il weekend!





Diffondiamolo tra i nostri contatti, pubblichiamolo sui siti, blog, su facebook e richiediamo la sottoscrizione di personalità illustri del mondo della cultura e dello spettacolo, così come anche di giuristi, segnalandole alla segreteria operativa (segreteria@acquabenecomune.org) in modo da aggiornare costantemente il nostro sito.
Iniziamo una martellante campagna di comunicazione per bloccare le nefaste intenzioni del Governo Monti.

E' necessaria, infatti, una mobilitazione straordinaria in tutti i territori: organizziamo banchetti e volantinaggi per informare le cittadine e i cittadini, organizziamo iniziative (presidi in luoghi simbolici e visibili, dibattiti e assemblee pubbliche, flash mob etc etc), attiviamo i contatti con i media locali per denunciare i propositi del Governo, ritiriamo fuori le bandiere dell'acqua, appendiamo quelle della campagna di "Obbedienza civile", esponiamo striscioni.

Diamoci da fare, mobilitiamoci perchè oggi più di ieri si scrive acqua si legge democrazia!
In allegato il comunicato stampa completo.

AGICES PORTA
IL COMMERCIO EQUO E SOLIDALE
IN QUIRINALE

"Il Segretario Generale della Presidenza della Repubblica Donato Marra ha oggi ricevuto al Quirinale il Presidente, il Vicepresidente e la Responsabile della Segreteria politica dell'Assemblea Generale Italiana del Commercio Equo e Solidale, dott. Alessandro Franceschini, dott. Enrico Avitabile e dott.ssa Grazia Rita Pignatelli,
che hanno illustrato le principali caratteristiche e finalità dell'Associazione."
Da un Comunicato stampa rilasciato dal Quirinale il 17 gennaio 2012




Roma – 19 gennaio 2012. Una bella notizia per il Movimento italiano del Commercio Equo e Solidale: martedì 17 gennaio una delegazione dell’Assemblea Generale Italiana del Commercio Equo e Solidale AGICES, l’associazione di categoria che monitora le Organizzazioni di fair trade italiane – ha incontrato il Segretario generale della Presidenza della Repubblica Donato Marra, per illustrare il funzionamento del Commercio Equo italiano e fare il punto sul percorso di nascita di una Legge nazionale che tuteli e promuova questo sistema.

L'incontro ha avuto un esito decisamente positivo. Dopo una descrizione approfondita del ruolo di AGICES sia come associazione di categoria delle Organizzazioni italiane di fair trade sia come organo di garanzia del movimento, è stato presentato il senso e il funzionamento del commercio equo e l'attività economica, educativa e sociale svolta dalle Organizzazioni italiane socie di AGICES – attualmente 90 in tutta Italia.

Durante l'incontro è emersa una grande attenzione per l'impegno delle Organizzazioni di Commercio Equo e Solidale Italiane nel cercare di affrontare il tema dello sviluppo dei paesi del Sud del mondo e di una maggiore sensibilizzazione dei consumatori nel nostro Paese.

“Crediamo sia stato un momento importante per il nostro Movimento, per le sue migliaia di lavoratori, volontari, soci che ogni giorno si impegnano per il Commercio Equo e Solidale. Abbiamo ricevuto non solo l'attenzione e la disponibilità da parte della Presidenza della Repubblica, ma anche un invito a continuare a camminare sulla strada
della costruzione di un'economia più equa e giusta. “
Dichiara il Presidente AGICES Alessandro Franceschini



In allegato il comunicato stampa AGICES completo.
Per scaricare il Rapporto Annuale AGICES 2011: clicca qui






AGICES è l’Assemblea Generale del Commercio Equo e Solidale: è l’Associazione di categoria che monitora le Organizzazioni di fair trade italiane.
Ufficio stampa AGICES
Ombretta Sparacino
347.9840747


martedì 17 gennaio 2012

ATTRAVERSO I LUOGHI DI “RESISTENZA E DI FRONTIERA” DEI CRISTIANI DEL NORD IRAQ


 Nord Iraq, gennaio 2012  

“Questo non è più il nostro paese. Forse lo era una volta”, ”Siamo sempre stati perseguitati”, “Siamo obbligati a vivere in un ghetto. E’ ora che questa situazione abbia fine!”, “Non vi è futuro per noi e,soprattutto, per i nostri  figli”, ”I cristiani d’Europa non ci abbandonino!”...

Queste sono solo alcune delle voci di sacerdoti, vescovi e soprattutto comuni  fedeli  del mosaico di comunità cristiane (caldee, siriane, ortodosse, cattoliche, chiesa d’Oriente) (1) che ho attraversato per 8 giorni  nel Nord Iraq, tra Erbil-Kurdistan e Mosul –Iraq, ai primi di gennaio. Voci e volti di una minoranza cristiana di cui, data l’acuirsi di crisi, violenze, minacce da parte di un islam radicale,se ne teme la scomparsa. Secondo dati verificati dall’Annuarium Statisticum Ecclesiae Vaticana, dalla presenza di quasi un milione nel 1987 di cristiani in Iraq si è passati nel 2010 a 400.000. La maggioranza ha lasciato il paese ed  è emigrata fuori.
Grazie all’ aiuto dall’Italia di p. Jalal, un rogazionista iracheno, e alla calorosa strategica accoglienza delle comunità cristiane caldee di Karakoosh, passando tra posti di blocco di militari Kurdi, a cui le comunità cristiane  hanno affidato la sicurezza (5 parlamentari cristiani sono dentro il parlamento provvisorio Curdo ), e gruppi autorganizzati di cittadini che pattugliano con kalashnikof soprattutto le chiese e i luoghi di riunione, percorro la fascia “contesa tra Mosul – Iraq mussulmano ed Erbil-Iraq Kurdo”. E’ una terra di nessuno  dove si trovano la maggioranza delle comunità cristiane: nel governatorato di Mosul vi è Karakoosh (40 mila ab circa,98% cristiani), Karmeless (7000 ab.80% cristiani), Bartela (15000 ab. rimasti solo un 4% cristiani), Tlkeef (22000 ab. 3% cristiani), TelesKof (6000/7000 ab.), Alkosh (6000 ab., chiamata “il vaticano dell’Iraq”, nessun mussulmano); nel governatorato di Erbil vi è Ankawa (circa 40 mila ab 99% cristiani), Saqlawa (1500 ab. 35% cristiani) e poi comunità cristiane vi sono nel governatorato in area curda di Dhuko e  città di Zakho.

Nel seminario di Karakoosh (trasferitosi da Mosul nel 2008, assieme alle strutture domenicane e ad una parte dell’ università ,dopo gli attentati a due pullman di studenti cristiani), il giovane sacerdote Amman Saadallah racconta: “L’emigrazione è il maggior problema che grava sulla comunità cristiana,la situazione da un conflitto all’altro, da una crisi all’altra va di male in peggio. Tale crisi è cresciuta molto a causa della guerra del 1991, delle condizioni economiche a seguito dell’ embargo,ed è fortemente peggiorata con l’ intervento americano dopo il 2003. Le minacce e le violenze da parte di gruppi islamici radicali contro le comunità cristiane hanno avuto un picco nel 2007 e 2010, il risultato è che fra i cristiani è aumentato il senso della paura e per l’ emigrazione corrono il rischio di scomparire”.
Ma  Mons.Yohanna Petros Monchè, vescovo siriano cattolico, e pastore della regione nord Iraq, intervenendo alla conversazione, sottolinea che dopo che ha “lasciato” la sede di Mosul per “trasferirsi” a Karakoosh, più di 300 famiglie cattoliche – ortodosse si sono trasferite in una lunga fila di vecchie case “popolari” all’entrata di questa cittadina-fortezza”. Gli Americani, continua, non hanno fatto grandi cose per noi… anche le istituzioni europee, i vescovi di Roma, devono far qualcosa con i nuovi poteri in Iraq... certo oggi c’è meno “confiance” da parte degli iracheni nel potere politico attuale ed è la politica che vuole creare la guerra religiosa tra noi per altri interessi prima la guerra non c’era… e chi si muove contro i cristiani sono gruppi di fanatici. Nous ne voulons pas quitter l’Iraq!! Lavorate anche voi europei... dateci la pace… Io sono ottimista, vedo le cose con la luce di Dio… un giorno mussulmani e cristiani iracheni si sveglieranno e comprenderanno di essere fratelli”.
Anche se all’entrata ci sono le guardie armate Il 6 gennaio, grande “festa dell’acqua” o meglio del Battesimo di Gesù, dentro la chiesa di S’Behnam e S’Sarah (a Karakoosh ci sono 10 chiese: 7 cristiane – caldee e 3 ortodosse, un monastero, suore francescane e domenicane), strapiena di fedeli dalle 6.30 di mattina, l’accoglienza è nell’aria e passa tramite le note delle voci che in lingua aramaica, rispondendosi l’una e l’altra, accompagnano tutta la celebrazione fino alla fine.
In questo clima di religiosa devozione e festa, solo volto di P. Louis Kassab, domenicano da 50 anni, figura “riconosciuta”, rimane pensoso e serio durante il rito. Durante le feste di Natale ha ricevuto un “e-mail” che ho modo di vedere, da un gruppo radicale islamico che lo indica come un “terrorista” e sono pronti ad ucciderlo. “E’ l’Iran, sottolinea, che paga queste teste calde… non vedo oggi molta luce per i cristiani… mais je reste ici...”. Il restare con la sua gente e la fierezza di un cristianesimo presente in queste terre mesopotamiche fin dalle origini, l’ha portato a curare dei preziosi volumi assieme al prof. Josef ….. di raccolte di manoscritti cristiani sparsi per l’Iraq e risalenti al 1200 D.C. La memoria va salvata, anche di periodi in cui l’Islam dialogava con il Cristianesimo. Ma la sua odierna visione realista lo porta anche a mettere in guardia gli Europei contro l’islam radicale e a sottolineare che l’equazione fatta cristiani = americani non ha fatto altro che peggiorare la situazione dal 2003.
Correndo verso sempre più a nord, verso il confine turco – siriano, a Tlkeef, incontro Yahya Mekha, membro del “Popular Chaldean Syriac Assyrian Council”, uno dei due maggiori partiti che rappresentano i cristiani-caldei nel Consiglio Regionale Curdo e al governo centrale di Bagdad, anche lui sottolinea le cause dell’immigrazione ed anche se per il momento non c’è una paura diretta perché la polizia curda presiede il paese, parla della paura delle famiglie quando qualcosa accade a Mosul, a pochi chilometri di distanza, “allora si lascia tutto e si va Detroit…”. P.Yossuf Benjamin, parroco della Chiesa d’Oriente di Tlkeef, parla a lungo mentre versa il classico tè, e secondo lui si è attuato un piano sin dai tempi di Saddam Hussein di aumentare l’arabizzazione delle terre cristiane al Nord, un piano che ora l’amministrazione di Mosul sta completando”. E’ critico contro il Sinodo che si è svolto a Roma con le chiese d’ Oriente,  perché ha il dubbio che la realtà vera non sia stata portata in quel contesto: “… bisogna portare la voce della sofferenza di tutti … non solo di chi ha la guardia fuori della Chiesa e della casa”. E per “dare voce a tutti” ci invita alla recita insieme del Padre Nostro. La lingua aramaica ed italiana si sono mescolate  in questo Padre Nostro.
Proseguendo verso Nord e attraversando il governatorato di Duhok, ora sotto il governo provvisorio Curdo, si arriva a Zakho, antichissima cittadina che durante l’ impero romano faceva da ponte tra le provincie della Mesopotamia e l’ Assyria e che già nel 150 d.C. ha visto arrivare le primissime comunità cristiane. “Il 16 dicembre 2011 dopo una violenta invettiva lanciata da un imam durante la predica del venerdì in una moschea – ci raccontano p. Jhonny e P. Jamal della locale chiesa cristiana-caldea – un gruppo di giovani esaltati ha bruciato e distrutto i negozi dei cristiani accusati di vendere alcool. Ora le famiglie hanno paura e se ne vanno in Turchia, Giordania. Ma durante la messa di Natale le nostre omelie si sono focalizzate sulla speranza e visitando costantemente le famiglie vogliamo trasmettere  il coraggio di restare.”

Lasciando alle spalle e all’orizzonte la linea della catena di montagne color ocra che dividono il Kurdistan con la Turchia,e andando per strade che seguono gli ondulamenti dei campi di grano ora brulli di questa antica Mesopotamia, si raggiunge Duhok dove Adman Mandoo, membro del Popular ChaldeanSyriac Assyrian Council racconta “… dal 2004 ad oggi sono arrivate qui da Bassora, Bagdad, Kirkuk, circa 7000 famiglie e noi provvediamo a loro come possiamo… è certo che c’è un’ attenzione da parte delle autorità un po’ discriminante… prima vi è il curdo, poi l’arabo e poi il cristiano e solo se dopo il caos attuale crescerà in Iraq uno stato che tratterà i diritti degli iracheni in modo uguale si potrà come cristiani vedere un po’ di luce….”
A pochi km da Arbil, capitale attuale del Kurdistan e che per gli investimenti e lo sviluppo superveloce avvenuto negli ultimi cinque anni ambisce a diventare la seconda Dubai, si arriva al maggior quartiere cristiano in Iraq, Ankawa. Passando tra il caotico traffico di grosse auto 4x4 e tra palazzi di vetro, centri commerciali, in costruzione ovunque e frutto  di una ricchezza  improvvisa e  poco trasparente, si giunge al seminario maggiore St. Peter e l’Istituto Pontificio Babel trasferiti da Bagdad dopo gli attentati del 2004. P. Salim, domenicano, ribadisce che i gruppi radicali islamici attaccano i cristiani a causa degli americani, ed è una storia che si ripete da sempre sin dai conflitti romano-persiani.
Una storia che è anche fortemente scolpita e raccontata dalle “pietre ocra” dello stupendo monastero ortodosso di S. Matteo  del 372 D.C. incastrato a 600 m. sulle pareti di montagne che hanno dato rifugio nelle grotte a molti eremiti cristiani e  ancora oggi raro luogo di devozione sia mussulmana che cristiana.    
Il monastero di S. Matteo è un raro luogo d’incontro, ma non l’unico. A Karakoosh in mezzo al quartiere musulmano Hay Al Askari incontro nella loro semplice casa fr. Wissan, fr.Raid, fr.Yasir (erano quattro alla partenza nel 2001 ma uno è stato ucciso in un incidente provocato dalle forze militari americane). Si rifanno all’esperienza di Charles de Foucault e vivono come comunità una vita di lavoro quotidiano nel quartiere “per condividere le fatiche “, ”tra i più poveri”, “facendo capire che si può vivere insieme in sicurezza, pace,rispetto, apertura alle differenze”. Non hanno il kalashnikof fuori dalla porta, ma il camioncino – trattore utilizzato nel lavoro quotidiano. Una testimonianza forte di preghiera, lavoro, studio. Mentre condividendo un piatto di kebab con loro chiudo il mio “viaggio tra i cristiani nel Nord Iraq” non posso che pensare al film “Uomini di Dio” e ad un passo della lettera-testamento del priore p. Christian de Chergè dell’Abbazia di Tibihrine “ ecco, potrò, se a Dio piace, immergere il mio sguardo in quello del Padre, per contemplare con Lui i suoi figli dell’Islam così come li vede Lui, tutti illuminati dalla gloria del Cristo, frutto della passione, investiti del dono dello Spirito, la cui gioia segreta sarà sempre di stabilire la comunione, giocando con le differenze”. Fiorirà il granello di senape di Wissan, Raid, Yasir e sarà possibile un giorno anche in queste terre un AMEN ed un INSH’ALLAH?
                                           
dott.ssa Annalisa Milani
                         

1 - Il Cristianesimo in Iraq ha messo radici fin dal 1 sec.D.C.secondo la tradizione sono i discepoli di S.Tommaso che si portano nel Nord Iraq.In questa epoca il nome originario e comune è “Chiesa d’Oriente”.Avvenuta la divisione verso la fine del V sec. con i concili di Calcedonia ed Efeso” la chiesa d’ Oriente” fu chiamata Nestoriana,e la parte Monofisita si rivolse verso Antiochia.Con l’ ufficiale riunione a Roma,la parte cattolica della chiesa d’ Oriente prese il nome di Chiesa Caldea mentre quella rimasta indipendente preferì il nome di Chiesa Assira o Orientale.La parte occidentale si chiamò invece Chiesa Sira,Cattolica o Ortodossa,a seconda se unita o meno alla Chiesa di Roma.
                                 

domenica 15 gennaio 2012

Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato

 ... sul tema della nuova evangelizzazione


Come abbiamo sentito dalle parole del Papa all'Angelus, si celebra oggi la 98.ma Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato sul tema “Migrazioni e nuova evangelizzazione”. La ricorrenza ha quest’anno il fulcro delle celebrazioni nella città di Perugia, in Umbria. Una regione caratterizzata da una straordinaria presenza di migranti, oltre 100mila, pari all’11% della popolazione. A celebrare la Santa Messa per la Giornata nazionale nella cattedrale di Perugia è il vicepresidente della Cei e arcivescovo della città, mons. Gualtiero Bassetti. Stefano Leszczynski lo ha intervistato:
RealAudioMP3

dal sito http://www.oecumene.radiovaticana.org/it1/Articolo.asp?c=554602 

F35: è un'altra la strada

Il Vescovo presidente di Pax Christi Italia Giovanni Giudici, interviene contro la “follia dell’enorme costo dei 131 cacciabombardieri da 150 milioni di euro ciascuno”. Una decisa presa di posizione per “rompere il silenzio” e chiedere “un ripensamento di queste spese militari in Parlamento”. Come i Re Magi anche noi dobbiamo “intraprendere un’altra strada”.

F35: E’ UN’ALTRA LA STRADA

Finalmente la notizia è arrivata nei titoli di giornale, nel panorama drammatico di questa crisi economica che esige sacrifici  e tagli per il bene del Paese e per il futuro di tutti: anche le spese militari devono essere drasticamente tagliate. In particolare il dito è puntato sull’enorme costo dei 131  cacciabombardieri F35, aerei di attacco che costano quasi 150 milioni di euro ciascuno. Un investimento di oltre 15 miliardi. Pax Christi lo ricorda da anni (in collaborazione con la Rete Italiana per il Disarmo di cui  fa parte) e il convegno appena celebrato a Brescia, in preparazione della Marcia per la pace della Chiesa italiana, ha sottolineato le devastati conseguenze sull’economia e sul futuro delle comunità, del produrre e commerciare macchine di morte di simili proporzioni.
L’assordante silenzio che copriva questo progetto è stato rotto. Sempre più palese è l’assurdità di produrre armi investendo enormi capitali mentre il grido dei poveri -interi popoli- ci raggiunge sempre più disperato. 
“Cammineranno le genti, mentre la tenebra ricopre la terra, nebbia fitta avvolge i popoli”. In questa festa dell’Epifania il profeta Isaia resta colpito da movimento di popoli in cerca della luce e della pace. Così anche la tradizionale Marcia della Pace realizzata a Brescia la notte di fine anno, ci ha messo in cammino con tutti i costruttori di pace.
Ma su quale via scegliamo di camminare? Forse quella di Erode, fatta di violenza e sopruso? O piuttosto quella dei Magi e di chiunque, singoli e popoli, discerne le opere di pace per garantire il futuro di tutti.
I Magi, ci racconta il Vangelo, “per un’altra strada fecero ritorno”. Anche per noi vale l’invito a intraprendere una strada diversa orientando ogni scelta alla via esigente e necessaria della pace. Per questo esigiamo un ripensamento di queste spese militari con un serio dibattito in Parlamento .
I popoli che camminano nella tenebra di questa follia chiedono di cancellare questo progetto e ciò è ancora più necessario in un tempo di crisi che è già molto pesante soprattutto per le famiglie e per i più poveri e che non sembra invece toccare i grandi investimenti per le armi.
Chi incontra Gesù a Betlemme non può più camminare sulle strade di Erode, il violento re della strage degli innocenti. Dai Magi impariamo a  scegliere, anche a rischiare. Quando si incontra il Cristo nel volto di tanti fratelli e sorelle non si può familiarizzare con progetti di violenza. Neppure in chiave di pseudo-sicurezza internazionale.
Per questo nostro mondo che “ha bisogno della pace come e più del pane” (Papa Benedetto XVI, 1 gennaio 2012), ci sono richieste le scelte più alte perché “Quando tanti popoli hanno fame, ogni estenuante corsa agli armamenti diviene uno scandalo intollerabile. Noi abbiamo il dovere di denunciarlo. Vogliano i responsabili ascoltarci prima che sia troppo tardi”. (Paolo VI, 1967 Populorum Progressio n.53)
 
Giovanni Giudici, vescovo presidente di Pax Christi Italia
 
Pavia, 5 gennaio 2012

martedì 10 gennaio 2012

Domenica 15 gennaio 2012 al Presidio No Dal Molin, Vicenza ...


[ore 10-13] mercato dei produttori locali e delle autoproduzioni 

un modo semplice per riscoprire il gusto dei prodotti coltivati in modo sostenibile nella loro stagione e per provare la soddisfazione di acquistarli ad un prezzo equo da chi la terra la coltiva

[ore 18] “Non c'è posto per Amleto”, spettacolo teatrale a sostegno della campagna nazionale:

L'Italia sono anch'io
campagna per i diritti di cittadinanza, per riscoprire parole come "accoglienza", "solidarietà"... per ricordarci che in molte delle nostre famiglie padri, nonni o antenati sono stati "stranieri" e in terra "straniera" speravano di trovare "accoglienza" e "solidarietà"
 

sabato 7 gennaio 2012

Cosa ci insegna il Magistero della Chiesa sugli armamenti?

(Fra parentesi: Cacciabombardieri ... ma sono "compatibili" con l'articolo 11 della Costituzione italiana? E come mai più di 100??).

Cosa ci insegna il Magistero della Chiesa sugli armamenti?
Da Gaudium et Spes, Paolo VI, 1965


81. La corsa agli armamenti 
[...] si convincano gli uomini che la corsa agli armamenti, alla quale si rivolgono molte nazioni, non è una via sicura per conservare saldamente la pace, né il cosiddetto equilibrio che ne risulta può essere considerato pace vera e stabile. Le cause di guerra, anziché venire eliminate da tale corsa, minacciano piuttosto di aggravarsi gradatamente. E mentre si spendono enormi ricchezze per la preparazione di armi sempre nuove, diventa poi impossibile arrecare sufficiente rimedio alle miserie così grandi del mondo presente. Anziché guarire veramente, nel profondo, i dissensi tra i popoli, si finisce per contagiare anche altre parti del mondo. Nuove strade converrà cercare partendo dalla riforma degli spiriti, perché possa essere rimosso questo scandalo e al mondo, liberato dall'ansietà che l'opprime, possa essere restituita una pace vera.
È necessario pertanto ancora una volta dichiarare: la corsa agli armamenti è una delle piaghe più gravi dell'umanità e danneggia in modo intollerabile i poveri; e c'è molto da temere che, se tale corsa continuerà, produrrà un giorno tutte le stragi, delle quali va già preparando i mezzi.[...]



venerdì 6 gennaio 2012

I Magi come i vescovi, uomini dal cuore inquieto per portare Dio agli uomini

[...] I Magi d’Oriente precedono. Inaugurano il cammino dei popoli verso Cristo. [...] Che tipo di uomini erano costoro? Gli esperti ci dicono che essi appartenevano alla grande tradizione astronomica che, attraverso i secoli, si era sviluppata nella Mesopotamia e ancora vi fioriva. Ma questa informazione da sola non basta. C’erano forse molti astronomi nell’antica Babilonia, ma solo questi pochi si sono incamminati e hanno seguito la stella che avevano riconosciuto quale stella della promessa, quale indicatore della strada verso il vero Re e Salvatore. Essi erano, possiamo dire, uomini di scienza, ma non soltanto nel senso che volevano sapere molte cose: volevano di più. Volevano capire che cosa conta nell’essere uomini. Probabilmente avevano sentito dire della profezia del profeta pagano Balaam: “Una stella spunta da Giacobbe e uno scettro sorge da Israele” (Nm 24,17). Essi approfondirono quella promessa. Erano persone dal cuore inquieto, che non si accontentavano di ciò che appare ed è consueto. Erano uomini alla ricerca della promessa, alla ricerca di Dio. Ed erano uomini vigilanti, capaci di percepire i segni di Dio, il suo linguaggio sommesso ed insistente. Ma erano anche uomini coraggiosi e insieme umili: possiamo immaginare che dovettero sopportare qualche derisione, perché si incamminarono verso il Re dei Giudei, affrontando per questo molta fatica. Per essi non era decisivo ciò che pensava e diceva di loro questo o quello, anche persone influenti ed intelligenti. Per loro contava la verità stessa, non l’opinione degli uomini. Per questo affrontarono le rinunce e le fatiche di un percorso lungo ed incerto. Fu il loro coraggio umile a consentire ad essi di potersi chinare davanti al bambino di gente povera e di riconoscere in Lui il Re promesso, la cui ricerca e il cui riconoscimento era stato lo scopo del loro cammino esteriore ed interiore.

Cari amici, come non vedere in tutto ciò alcuni tratti essenziali del ministero episcopale? 

Anche il Vescovo deve essere un uomo dal cuore inquieto che non si accontenta delle cose abituali di questo mondo, ma segue l’inquietudine del cuore che lo spinge ad avvicinarsi interiormente sempre di più a Dio, a cercare il suo Volto, a conoscerLo sempre di più, per poterLo amare sempre di più. Anche il Vescovo deve essere un uomo dal cuore vigilante che percepisce il linguaggio sommesso di Dio e sa discernere il vero dall’apparente. Anche il Vescovo deve essere ricolmo del coraggio dell’umiltà, che non si interroga su che cosa dica di lui l’opinione dominante, bensì trae il suo criterio di misura dalla verità di Dio e per essa s’impegna: “opportune – importune”. Deve essere capace di precedere e di indicare la strada. Deve precedere seguendo Colui che ha preceduto tutti noi, perché è il vero Pastore, la vera stella della promessa: Gesù Cristo. E deve avere l’umiltà di chinarsi davanti a quel Dio che si è reso così concreto e così semplice da contraddire il nostro stolto orgoglio, che non vuole vedere Dio così vicino e così piccolo. Deve vivere l’adorazione del Figlio di Dio fattosi uomo, quell’adorazione che sempre di nuovo gli indica la strada. [...]

Benedetto XVI

6 gennaio 2012

martedì 3 gennaio 2012

F35: soldi spesi male ...

08 luglio 2010: la data (giusta!) di un articolo sugli F35, apparso su Famiglia Cristiana

Petizione al Governo di Savino Pezzotta e di altri deputati: il cacciabombardiere non serve. L'acquisto va contro la Costituzione. La spesa è una follia in tempo di crisi.

08/07/2010
Un cacciabombardiere F35 della Lockheed Martin.
Un cacciabombardiere F35 della Lockheed Martin. 
Fermate il cacciabombardiere, perché costa troppo e l’Italia non può permetterselo. Lo chiede al Governo, con una  mozione presentata a Montecitorio, Savino Pezzotta, deputato dell’Udc insieme ad altri parlamentari tra cui Andrea Sarubbi (Pd) e Luigi Castagnetti (Pd). Il velivolo in questione è l’ F35 della Lockheed Martin, un aereo fantascientifico multiruolo concepito per non essere visto dai radar. L’Italia si è impegnata ad acquistarne 131 esemplari per la strabiliante cifra di 12 miliardi di euro. Scrivono i deputati nella mozione che “in un momento di grossa crisi economica” non è una buona scelta impegnare tutti quei soldi che “potrebbero invece essere impiegati per la ripresa economica” e per evitare così i “tagli alla scuola, alla sanità e al welfare nel nostro Paese”. La richiesta è chiara: “Sospendere la partecipazione al programma di realizzazione dell’aereo non sottoscrivendo alcun contratto di acquisto”.

    Ma c’è di più, perché l’ F35 non ci serve, è inutile, anzi il suo acquisto è “anticostituzionale”, avvisano i firmatari della mozione, perché il nostro modello di difesa prevede appunto la difesa e non l’offesa, la guerra totale con i cacciabombardieri. Inoltre sull’F35 ci stanno ripensando un po’ tutti a cominciare da Obama, perché i costi del progetto sono lievitati in modo enorme. La Corte dei conti olandese, altro Paese insieme agli Usa, Italia, Regno Unito, Turchia, Australia, Canada e Norvegia che fa parte del consorzio per l’F35, ha avanzato perplessità sottolineando che è “impossibile calcolare il costo reale di ogni singolo aereo”. Anche le promesse di 10 mila posti di lavoro in Italia per l’assemblaggio nell’aeroporto militare Cameri (Novara) di parti dell’aereo sono solo favole. Nella mozione si parla di non più di 600 posti di lavoro che neppure compensano le perdite occupazionali per la riduzione dell’altro programma di caccia al quale partecipa l’Italia, cioè l’Eurofighter.

 Contro l’F35 c’è una vasta mobilitazione di associazioni anche ecclesiali. Pax Christi ha scritto anche al Presidente delle Repubblica per fermare il progetto. La diocesi di Novara, dove si trova la base militare di Cameri ha recentemente pubblicato un documento contro la follia del programma del superbombardiere. Con i soldi del supercaccia si potrebbero invece ricostruire tutte le case rovinate nel terremoto in Abruzzo, oppure mette in sicurezza metà delle scuole italiane, oppure acquistare 10 milioni di pannelli solari sufficienti a dare energia pulita a quasi tutta l’Italia.

Messaggio di Benedetto XVI per la 45ª Giornata Mondiale della Pace (1° gennaio 2012)

Educare i giovani alla giustizia e alla pace 
 

            1. L’inizio di un nuovo Anno, dono di Dio all’umanità, mi invita a rivolgere a tutti, con grande fiducia e affetto, uno speciale augurio per questo tempo che ci sta dinanzi, perché sia concretamente segnato dalla giustizia e dalla pace.
             Con quale atteggiamento guardare al nuovo anno? Nel Salmo 130 troviamo una bellissima immagine. Il Salmista dice che l’uomo di fede attende il Signore «più che le sentinelle l’aurora» (v. 6), lo attende con ferma speranza, perché sa che porterà luce, misericordia, salvezza. Tale attesa nasce dall’esperienza del popolo eletto, il quale riconosce di essere educato da Dio a guardare il mondo nella sua verità e a non lasciarsi abbattere dalle tribolazioni. Vi invito a guardare il 2012 con questo atteggiamento fiducioso. È vero che nell’anno che termina è cresciuto il senso di frustrazione per la crisi che sta assillando la società, il mondo del lavoro e l’economia; una crisi le cui radici sono anzitutto culturali e antropologiche. Sembra quasi che una coltre di oscurità sia scesa sul nostro tempo e non permetta di vedere con chiarezza la luce del giorno.
             In questa oscurità il cuore dell’uomo non cessa tuttavia di attendere l’aurora di cui parla il Salmista. Tale attesa è particolarmente viva e visibile nei giovani, ed è per questo che il mio pensiero si rivolge a loro considerando il contributo che possono e debbono offrire alla società.
Vorrei dunque presentare il Messaggio per la XLV Giornata Mondiale della Pace in una prospettiva educativa: «Educare i giovani alla giustizia e alla pace», nella convinzione che essi, con il loro entusiasmo e la loro spinta ideale, possono offrire una nuova speranza al mondo.
             Il mio Messaggio si rivolge anche ai genitori, alle famiglie, a tutte le componenti educative, formative, come pure ai responsabili nei vari ambiti della vita religiosa, sociale, politica, economica, culturale e della comunicazione. Essere attenti al mondo giovanile, saperlo ascoltare e valorizzare, non è solamente un’opportunità, ma un dovere primario di tutta la società, per la costruzione di un futuro di giustizia e di pace.
             Si tratta di comunicare ai giovani l’apprezzamento per il valore positivo della vita, suscitando in essi il desiderio di spenderla al servizio del Bene. È un compito, questo, in cui tutti siamo impegnati in prima persona.
             Le preoccupazioni manifestate da molti giovani in questi ultimi tempi, in varie Regioni del mondo, esprimono il desiderio di poter guardare con speranza fondata verso il futuro. Nel momento presente sono molti gli aspetti che essi vivono con apprensione: il desiderio di ricevere una formazione che li prepari in modo più profondo ad affrontare la realtà, la difficoltà a formare una famiglia e a trovare un posto stabile di lavoro, l’effettiva capacità di contribuire al mondo della politica, della cultura e dell’economia per la costruzione di una società dal volto più umano e solidale.
             È importante che questi fermenti e la spinta ideale che contengono trovino la dovuta attenzione in tutte le componenti della società. La Chiesa guarda ai giovani con speranza, ha fiducia in loro e li incoraggia a ricercare la verità, a difendere il bene comune, ad avere prospettive aperte sul mondo e occhi capaci di vedere «cose nuove» (Is 42,9; 48,6)!
...


Alle chiese del Nordest riunite in Assemblea ad Aquileia affidiamo le nostre speranze

“Tu dici: sono ricco, mi sono arricchito, non ho bisogno di nulla. Ma non sai di essere un infelice, un miserabile, un povero, cieco e nudo” (Apocalisse 3,17)

A voi sorelle e fratelli cristiani,

riuniti in Assemblea delle chiese del Nord-Est ad Aquileia, inviamo questa lettera che vi affida attese e speranze di comunità che, nella presenza del suo Signore e nel dono dello Spirito, sentono di poter vivere nell’Amore del Padre.
Riteniamo gioia e impegno continuare la grande tradizione delle prime chiese cristiane di comunicare nell’affetto e nella semplicità di una lettera, la relazione che intercorre tra noi oltre la legge e la dottrina.
Alle chiese del Nordest riunite in Assemblea ad Aquileia affidiamo le nostre speranze. Non siamo delegati, non siamo convocati e non conosciamo nemmeno chi e come è stato invitato a partecipare all’incontro, ma riteniamo importante dire ai credenti, che pensiamo realistica la parola “conversione permanente delle chiese” nella presenza di Gesù. “Ed ecco io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt. 28,20).
Nella recente visita che il Papa Benedetto XVI ha fatto ad Aquileia, abbiamo riletto alcune sue parole che da cardinale ha rivolto alla chiesa e che continua anche oggi a confermare.
“Mi sembra innegabile che esiste un po’ troppa auto-occupazione della Chiesa con se stessa. Essa parla troppo di sé, mentre dovrebbe di più e meglio occuparsi del comune problema: trovare Dio e trovando Dio trovare l’uomo… Mi sembra tutt’ora innegabile che oggi si dia un’inflazione di parole, una produzione eccessiva di documenti…” (Intervista del Regno al Cardinale Ratzinger n.4/94)
Nel contempo siamo invitati a scrutare i segni dei tempi.
A noi sembra che un primo segno concreto da porre, sia la purificazione della Parola dalle nostre retoriche.
Per esempio, quando noi diciamo chiesa, normalmente non ci riferiamo al popolo di Dio,  ma piuttosto a una chiesa identificata da un ristretto clericalismo di cui fanno parte come responsabili gerarchia e clero.
Altre parole inquinanti che fanno separazione più di quanto non sembri, sono le altisonanti: monsignore, arciprete, arcidiacono, arcivescovo, eminenza, eccellenza, santità. Fra l’altro sono tutti titoli maschili, indicativi del nostro maschilismo. Sembrano rilievi marginali, ma in realtà sostengono la separazione all’interno dell’unico popolo di Dio, limitano la responsabilità di ciascuno, creano caste e costumi non ecclesiali. Finora nessun Concilio è riuscito a superarli. Come possono i nostri Vescovi, diceva il Vescovo Camara, continuare a vivere nei palazzi vescovili, nelle dimore cardinalizie e identificarsi con il popolo di Dio?
Le strutture portanti che dovrebbero derivare dalla comunione ecclesiale come le nomine  dei nostri vescovi, dei nostri parroci, sono ancora secretate e piovono dall’alto sul popolo.
Ci sembra quasi scandaloso che il giornale dei vescovi metta insieme parole così contraddittorie  per parlare del Papa nel suo riposo annuale: “un complesso di 55 ettari per il riposo, lo studio, la preghiera dei Papi” (paginone dell’Avvenire, 2 settembre 2011)
Il Nord-est è noto nel mondo per il famoso miracolo economico ed ora  anche per i nuovi riti, durante i quali la religione celtica  ogni anno battezza i nostri dirigenti politici. E’ sufficiente continuare nella difesa dei famosi “valori non negoziabili” che  diventano merce di scambio?
 Sempre più invasiva è la nuova fede del dio denaro, successo, arrivismo…
I segni della fede sono portatori di un nuovo umanesimo. Eravamo migranti ed ora siamo crocevia di popoli, terra di immigrazione. I lavori più umili tengono nella dovuta emarginazione i più poveri. I nostri anziani sono affidati alle badanti. E’ da questi poveri che nasce l’ecumenismo. Ci aiuti la chiesa a vivere l’ospitalità del Cristo, la fraternità e la comunione tra le religioni e i popoli. La crisi delle vocazioni provoca accorpamenti  e pastorali nuove. Restano canoniche vuote che potrebbero essere segni di accoglienza per i più poveri. Non tocca alla religione concretizzare ideologie e politiche, ma la nostra fede esige segni concreti di comunione, di ospitalità.
All’Assemblea chiediamo aiuto per intraprendere concretamente un nuovo cammino, superare quelle divisioni che all’interno delle chiese sono ancora presenti come realtà che dividono. Il laicato cattolico italiano continua a svolgere il suo ruolo di “brutto anatroccolo” (Cfr. Fulvio De Giorgi: “Il brutto anatroccolo” ed. Paoline)
Nella nostra terra: terra di confine e quindi ponte di passaggio tra oriente e occidente, si parla di pace, ma ad Aviano e a Istrana continuiamo a ospitare aeroporti militari; una nuova base militare USA sarà presto inaugurata a Vicenza.  Si parla di pace,  potenziando strutture di morte.
Aquileia 2 “non viene proposta come un documento da studiare, ma come un aiuto per promuovere e attivare lo stile ecclesiale della sinodalità e il metodo pastorale del discernimento comunitario” (dal documento di presentazione dell’Assemblea). In questo tempo in cui una crisi spaventosa sembra soffocare l’umanità, (pensiamo al mondo del lavoro, al precariato ormai orizzonte quasi definitivo per tante vite) possa la chiesa dare segni concreti di credibilità e speranza.

Hanno redatto questo messaggio
Umberto Miglioranza sacerdote della Diocesi di Treviso tel. 0423400058 Vedelago
Claudio Miglioranza sacerdote della Diocesi di Treviso tel. 3393469589
Mario Costalunga sacerdote della Diocesi di Vicenza tel. 0456175016 mariocostalunga@gmail.com
Antonio Uderzo sacerdote della Diocesi di Vicenza tel. 0444351245 ctsolid_bolzano@email.it
Olivo Bolzon sacerdote della Diocesi di Treviso tel. 0423476322 olimar1@libero.it
Cellini Giovanni laico della Diocesi di Treviso tel. 0422320092 giannicellini@gmail.com
Gobbato Carmen laica della Diocesi di Treviso tel. 0422320092 carmengobbato@gmail.com
Marisa Restello laica della Diocesi di Treviso 0423476322 olimar1@libero.it

Le firme di adesione possono essere inviate ad uno dei firmatari o al sito http://www.firmiamo.it/messaggio-assemblea-aquileia2/firma

P.S.
Gli estensori invitano oltre alla lettura anche l’adesione firmata e eventuali aggiunte e commenti. Il tutto verrà raccolto e inoltrato alla segreteria del convegno.

lunedì 2 gennaio 2012

L'uomo custode del creato

dal sito http://www.monasterodibose.it/content/blogcategory/339/1874/lang,it/

XX Convegno Ecumenico Internazionale di spiritualità ortodossa
in collaborazione con le Chiese Ortodosse
Come questa grande ricchezza spirituale può tradursi in un’etica della creazione?

Mosaici di Monreale, Creazione di Adamo

L'uomo custode del creato
Bose, mercoledì 5 - sabato 8 settembre 2012