martedì 29 settembre 2015

primolunedìdelmese: TTIP

Anno XVIII - incontro n. 136
5 Ottobre 2015 - ore 20:30
presso Cooperativa Insieme, via Dalla Scola 253, Vicenza
- Parcheggio adiacente. Si raccomanda puntualità ! -
TTIP: facciamo il punto
Interessa direttamente quasi un miliardo di persone, metà del Prodotto Interno Lordo mondiale e un terzo del commercio su scala planetaria. Eppure, dell'Accordo di Partenariato Transatlantico sul Commercio e gli Investimenti (Transatlantic Trade and Investment Partnership), fra Stati Uniti ed Unione Europea, si continua a sapere poco o niente, dal momento che i negoziati, che riprenderanno nel prossimo Ottobre, restano avvolti nel mistero. Molte sarebbero, comunque, le questioni ancora irrisolte, tra cui quella del meccanismo di risoluzione delle controversie tra investitori e Stati (ISDS), su cui la Commissione Europea ha avanzato, a metà Settembre, una nuova proposta, che recepisce le raccomandazioni votate dal Parlamento Europeo nel Luglio scorso, ma che sembra scontentare tanto gli Stati Uniti, che la vedono come fumo negli occhi, quanto gli oppositori all'accordo.Intanto, la campagna europea STOP TTIP lancia una settimana di mobilitazione, ai primi di Ottobre, per superare quota 3 milioni di firme - ne sono già state raccolte 2,75 milioni - e far uscire dall'ombra anche gli altri trattati: il TPP, 'gemello' per l'area del Pacifico; il CETA, l'accordo fra Canada e Unione Europea; e il TISA, il negoziato per la liberalizzazione completa dei servizi.

Ne parliamo con
Monica Di Sisto

giornalista, vicepresidente di Fairwatch, docente di Modelli di Sviluppo Economico 
alla Facoltà di Scienze Sociali della Pontificia Università Gregoriana di Roma.

lunedì 28 settembre 2015

Politica estera e spesa per la Difesa: 9 euro su 10 destinati a militari, briciole alla cooperazione

dalla pagina http://www.repubblica.it/speciali/politica/data-journalism/2015/06/25/news/decreto_missioni_cooperazione_italiana_sviluppo_fondi_openpolis_forze_armate_afghanistan_f35-117425232/?ref=nrct-19


Erano 31 miliardi nel 2005, sono scesi a quota 26 nel 2014 (nonostante le sollecitazioni NATO). Ma solo 2,9 miliardi sono per i Paesi in via di sviluppo. L'incidenza del decreto missioni è minima: appena il 4 per cento. Il dibattito in parlamento: durante gli ultimi quattro governi non ha mai rappresentato la priorità, appena 26 ore di discussione contro le 70 del decreto Imu, le 81 del Jobs Act e le 133 della legge di Stabilità.
[...]
Nel 2015 si stima che il Belpaese investirà soltanto l'1% del suo Pil in spesa per la Difesa. La discesa è stata resa nota soltanto qualche giorno fa [giugno 2015] grazie a una tabella contenuta nel rapporto sui dati economici e finanziari diffuso dalla stessa NATO a Bruxelles. Altri Paesi dell'Alleanza Atlantica hanno invece aumentato le proprie spese militari. Tra questi, ad esempio, la Grecia è passata dal 2,2 al 2,4%, la Polonia dall'1,8 al 2,2% e il Portogallo dall'1,3 all'1,4 per cento. 
[...]
GUARDA  Tutti i grafici interattivi su spesa per la Difesa

continua 

venerdì 25 settembre 2015

La chiesa del futuro

dalla pagina http://www.unachiesaapiuvoci.it/notizia.php?Id_sezione=1&Id_notizia=847

La Repubblica, 9 settembre 2015
intervista a Enzo Bianchi a cura di Silvia Ronchey

«Il papa ha lanciato l'allarme già due anni fa, dopo la visita a Lampedusa. È rimasto inascoltato e credo che anche questo suo nuovo appello lo sarà. Il fastidio di un certo clero verrà magari dissimulato dall'ipocrisia religiosa, che è la più bieca e spaventosa di tutte». Siamo a Bose, alla vigilia dell'apertura dell'annuale convegno ecumenico internazionale di spiritualità ortodossa, e il priore Enzo Bianchi commenta l'esortazione di Bergoglio ad accogliere nelle parrocchie i rifugiati del grande movimento di popoli di cui quest'estate, con i suoi avvenimenti sconvolgenti, sembra avere cambiato la percezione generale. «Un mese fa il vescovo di Crema ha chiesto di ospitare i rifugiati in locali adiacenti una scuola cattolica, è stato contestato dalle famiglie. La situazione italiana è una vergogna, soprattutto nelle regioni tradizionalmente più cattoliche, il Veneto e la Lombardia».
Il rifiuto è più sociale o più confessionale?
«Quello confessionale l'hanno gridato a suo tempo il cardinal Biffi e il vescovo Maggiolini, secondo cui bisognava eventualmente accogliere solo i cristiani. Ma il problema è la vera e propria fabbrica di paura dei barbari, edificata da forze politiche attente solo all'interesse locale, forze che prima di Francesco la chiesa italiana ha assecondato, anche se all'inizio sembravano assumere riti pagani, precristiani, quelli sì barbarici. Ora si proclamano cattolici ma io li chiamo cristiani del campanile. Il grande silenzio di una chiesa complice li ha aiutati a iniettare nel tessuto sociale del territorio il veleno della xenofobia».
Guardiamo gli eventi nella misura dei millenni di storia anche ecclesiastica, parliamo del V secolo, quando alle cosiddette invasioni barbariche si è affiancata l'assunzione del cristianesimo a religione di stato.
«Quando con Teodosio il cristianesimo è diventato religione dello stato imperiale la furia dei monaci - lo dico con dolore, mi strappa il cuore - ha distrutto i templi pagani, fatto uno scempio di opere d'arte non diverso da quello dell'Is, ma ben più vasto. È il motivo per cui san Basilio non ha mai usato nei suoi scritti la parola "monaco": designava integralisti violenti, i talebani del momento. Guardando i secoli mi permetto di dire, pur con tutte le differenze: vediamo che altri rifanno a noi quello che abbiamo fatto».
Come ad Alessandria d'Egitto, quando fu distrutto il Serapeo e i parabalani del vescovo Cirillo assassinarono Ipazia. Nel "Libro dei testimoni", lo straordinario martirologio ecumenico di Bose, questa martire pagana potrebbe trovare posto?
«Sì, come tutti coloro che - da Buddha a Savonarola, da Rumi a Gandhi - in qualunque religione o anche all'esterno hanno perseverato in una posizione di umanità e di tolleranza. La dottrina cattolica del Vaticano II ribadisce con chiarezza che la coscienza prevale su qualsiasi autorità, anche su quella papale».
Torniamo ai movimenti di popoli della cosiddetta fine dell'antichità.
«Con saggezza papa Gregorio Magno chiese accoglienza per i barbari in arrivo dando un'unica dignità a stranieri e latini, che si espresse nel monachesimo benedettino e fece fiorire il cristianesimo, allora esangue soprattutto in occidente. La storia serve da un lato a non stupirci dell'intolleranza, dall'altro a spegnerla richiamandoci alla razionalità, che oggi significa mostrare ai popoli dell'oriente postcoloniale che gli riconosciamo soggettività, dignità, diritto di sedere alla tavola delle genti, anziché continuare a sfruttarli economicamente».
La memoria storica ecclesiastica, la conoscenza delle ere passate di cui si nutre, non ha anche il dovere di ricordare a tutti l'onda lunga della tolleranza islamica?
«Al tempo della conquista musulmana i cristiani del Medio Oriente hanno aperto le porte delle loro città agli arabi che portavano libertà di culto e affrancavano dalle angherie economiche del governo imperiale cristiano. La convivenza di cristiani, ebrei e musulmani nel corso del medioevo islamico ha fatto fiorire momenti di cultura straordinari, come nel mondo sufita, che conosco bene. L'islam è una religione di pace e mitezza con una mistica di forza pari a quella cristiana. Se nel Corano ci sono testi di violenza, non sono molto diversi da quelli che troviamo nella Bibbia e che ci fanno inorridire. La lettura integralista della Bibbia può rendere integralisti quanto quella del Corano. L'esegesi storico-critica delle scritture, cui il cristianesimo è approdato con fatica e subendo terribili condanne dell'autorità ecclesiastica, è il primo passo di un lungo cammino che aspetta anche i musulmani. Nel frattempo servono ascolto, dialogo, seri studi universitari per dissipare la propaganda ideologica che attecchisce sull'ignoranza: non è vero che l'islam è una religione della violenza e della jihad , affermarlo serve solo a giustificare la nostra nei suoi confronti».
Dai Buddha di Bamyan al tempio di Bel a Palmira, il nostro secolo assiste ad atti islamisti di cancellazione del passato dal contenuto altamente simbolico. Ma non è chiaro quanta parte effettiva vi abbia la religione o la religiosità.
«Una parte minima. Il problema non è religioso, è sociale ed economico. Gli integralisti islamici, anche abbattendo una chiesa, non mirano tanto a offendere la fede cristiana quanto a colpire l'occidente. Un pacifico abitante di Palmira mi ha detto: "Voi occidentali, piangendo la distruzione di templi etichettati dall'Unesco, date l'idea di averli più cari della nostra popolazione. Così li fate diventare una protesi dell'occidente nella nostra terra". Mostrando di tenere così tanto a un pezzo di colonna - giustamente, perché è segno di un cammino di umanizzazione - ma facendo saltare in aria le persone nelle guerre da noi scatenate in Iraq, in Siria, in Libia, finiamo per apparire mostruosi. Certo le distruzioni dell'Is sono crimini contro l'umanità oltre che contro la cultura e la dignità dei monumenti va difesa, ma abbiamo la stessa forza nel difendere le popolazioni perché non soccombano alle nostre armi o non trovino vie di morte nella migrazione?».
I popoli sono in marcia e un'ibridazione, che la si voglia o no, dovrà avvenire, perché questa è la storia. Il che pone anche specifici problemi sociali come quello del ruolo della donna: l'islam impone il velo, ma non trovi che anche nella chiesa cristiana ci sia un ritardo?
«Si dice sbrigativamente che certi musulmani siano ancora nel medioevo. Ma il velo completo per le suore di clausura è stato abolito solo nel 1982. È molto recente la presa di coscienza della pari dignità della donna e dell'uomo nel cristianesimo, che non ha ancora nemmeno il linguaggio per esprimerla. La soggezione delle donne agli uomini è un retaggio scritturale nell'islam, ma è presente anche nelle nostre scritture: san Paolo afferma che le donne non devono assolutamente parlare nell'assemblea della chiesa e devono stare a capo coperto. Di nuovo, serve una rilettura storico-critica di tutti i libri sacri, per scorgerne l'intenzione e non le forme. Nella chiesa c'è buona volontà ma poi della donna si hanno immagini irreali: il modello di Maria, vergine e madre, che non può essere il riferimento per una promozione della donna nella chiesa; l'idea, insinuata per moda, che la Madonna sia più importante di San Pietro, idea insipiente come dire che la ruota in un carro è più importante del volano... Non siamo ancora capaci di prendere sul serio l'uguaglianza indubbia tra uomini e donne. Il cammino per la chiesa è ancora lunghissimo perché ovunque ci sia un esercizio di comando restano gli uomini, mentre le donne sono confinate al servizio umile».
Il convegno che si apre oggi è dedicato a "Misericordia e perdono": sono istanze che, dall'ambito ecclesiale cui appartengono, possono suggerire prassi anche giuridiche e sociali?
«Declinare la giustizia con il perdono, anche a livello politico, è un'esigenza che già Giovanni Paolo II aveva evocato con forza in un suo messaggio per la Giornata della pace. L'insistenza di papa Francesco sulla pratica della misericordia, vissuta nei secoli da tanti cristiani d'oriente e d'occidente anche in controtendenza rispetto alla mentalità dominante, dischiude percorsi fecondi nella faticosa purificazione della memoria cui non ci possiamo più sottrarre, pena l'abbrutimento di ogni nostra relazione».

mercoledì 23 settembre 2015

Globalizzazione del potere e crisi della politica.

Intervista a Zygmunt Bauman di Massimo Di Forti, [non recente ma attuale] 
all'inizio parla di crisi economica e alla fine di Europa e immigrazione...

il Messaggero, 11 settembre 2012

«La ragione di questa crisi, che da almeno cinque anni coinvolge tutte le democrazie e le istituzioni e che non si capisce quando e come finirà, è il divorzio tra la politica e il potere». Zygmunt Bauman riesce subito ad andare al dunque senza perdersi in giri di frase. Non a caso possiede il dono di quella che Charles Wright Mills chiamava l’immaginazione sociologica, la capacità di fissare in una frase, in un’idea, la realtà di un’intera epoca, e il grande studioso polacco lo ha fatto con la sua metafora della "Vita liquida" e della "Modernità liquida" (cosa è più imprendibile e sfuggente dell’acqua e dei suoi flussi?) per descrivere con geniale chiarezza la precarietà e l’instabilità della società contemporanea.
Lui, liquido, non lo è affatto anzi è un uomo di ferro, un ottantasettenne che gira il mondo senza sosta (viaggia almeno cento giorni all’anno tra conferenze e dibattiti!) e a Mantova è intervenuto a Festivaletteratura per un dibattito sull’educazione. Non c’è traccia di stanchezza nel suo fisico asciutto o nel volto scarno e autorevole ravvivato da occhiate scintillanti, mentre parla in una sala della Loggia del Grano pochi giorni dopo aver pubblicato un nuovo libro, Cose che abbiamo in comune (220 pagine, 15 euro) sempre per Laterza, editore dei celebri saggi come Vita liquida, La società sotto assedio, Modernità liquida, Dentro la globalizzazione e altri ancora.
Professor Bauman, è per questo che i politici sembrano girare a vuoto di fronte alla crisi?
«Sì. Il potere è la capacità di esercitare un comando. E la politica quella di prendere decisioni, di orientarle in un senso o nell’altro. Gli stati-nazione avevano il potere di decidere e una sovranità territoriale. Ma questo meccanismo è stato completamente travolto dalla globalizzazione. Perché la globalizzazione ha globalizzato il vero potere scavalcando la politica. I governi non hanno più un potere o un controllo dei loro paesi perché il potere è ben al di là dei territori. Sono attraversati dal potere globale della finanza, delle banche, dei media, della criminalità, della mafia, del terrorismo… Ogni singolo potere si fa beffe facilmente delle regole e del diritto locali. E anche dei governi. La speculazione e i mercati sono senza un controllo, mentre assistiamo alla crisi della Grecia o della Spagna o dell’Italia…».
È l’età della proprietà assenteista, come la chiamava Veblen, della finanza: era meglio prima?
«Il capitalismo di oggi è un grande parassita. Cerca ancora di appropriarsi della ricchezza di territori vergini, intervenendo con il suo potere finanziario dove è possibile accumulare i maggiori profitti. E’ la chiusura di un cerchio, di un potere autoreferenziale, quello delle banche e del grande capitale. Naturalmente questi interessi hanno sempre spinto, anche con le carte di credito, ad alimentare il consumismo e il debito: spendi subito, goditela e paga domani o dopo. La finanza ha creato un’economia immaginaria, virtuale, spostando capitali da un posto all’altro e guadagnando interessi. Il capitalismo produttivo era migliore perché funzionava sulla creazione di beni, mentre ora non si fanno affari producendo cose ma facendo lavorare il denaro. L’industria ha lasciato il posto alla speculazione, ai banchieri, all’immagine»
Non ci sono regole, dovremmo crearle. Avremmo bisogno forse di una nuova Bretton Woods…
«Il guaio è che oggi la politica internazionale non è globale mentre lo è quella della finanza. E quindi tutto è più difficile rispetto ad alcuni anni fa. Per questo i governi e le istituzioni non riescono a imporre politiche efficaci. Ma è chiaro che non riusciremo a risolvere i problemi globali se non con mezzi globali, restituendo alle istituzioni la possibilità di interpretare la volontà e gli interessi delle popolazioni. Però, questi mezzi non sono stati ancora creati».
A proposito della crisi europea, non crede che i paesi dell’Unione siano ancora divisi da interessi nazionalistici e da vecchi trucchi che impediscono una reale integrazione politica e culturale?
«È vero, ma è anche il risultato di un circolo vizioso che l’attuale condizione di incertezza favorisce. La mancanza di decisioni e l’impotenza dei governi attivano atteggiamenti nazionalistici di popolazioni che si sentivano meglio tutelate dal vecchio sistema. Viviamo in una condizione di vuoto, paragonabile all’idea di interregnum di cui parlava Gramsci: c’è un vecchio sistema che non funziona più ma non ne abbiamo ancora uno alternativo, che ne prenda il posto».
La globalizzazione ha prodotto anche aspetti positivi. Vent’anni fa, in Europa non c’era un africano, un asiatico un russo. Eravamo tutti bianchi, francesi, tedeschi, italiani, inglesi… Ora potremmo finalmente confrontarci: riusciremo a farlo su un terreno comune?
«È un compito difficile, molto difficile. L’obiettivo dev’essere quello di vivere insieme rispettando le differenze. Da una parte ci sono governi che cercano di frenare o bloccare l’immigrazione, dall’altra ce ne sono più tolleranti che cercano, però, di assimilare gli immigrati. In tutti e due i casi si tratta di atteggiamenti negativi.
Le diaspore di questi anni debbono essere accettate senza cancellare le tradizioni e le identità degli immigrati. Dobbiamo crescere insieme, in pace e con un comune beneficio, senza cancellare la diversità che rappresenta invece una grande ricchezza».


leggi anche:


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lunedì 21 settembre 2015

Profughi: un problema che prima deve essere capito

Vicenza 19 settembre 2015

COMUNICATO STAMPA 

In questi ultimi mesi non si fa altro che parlare di "loro", contrapposti a "noi", "prima noi, poi loro", "loro vengono per delinquere", "loro devono adattarsi alle "nostre" regole".... Peccato che abbiamo dimenticato così in fretta che, fin dalla seconda metà dell'ottocento, "loro" eravamo "noi", migranti economici che non hanno atteso che qualcuno venisse ad "aiutarli a casa loro" ma hanno preferito avventurarsi verso l'ignoto (paese, lingua, costumi sconosciuti) pur di offrire un futuro migliore ai propri figli.
Un processo migratorio, il nostro, ben conosciuto anche dai padri costituenti tant'è che vi è un articolo (il 10) della nostra Costituzione che recita al terzo comma: "Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d'asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge".
Il fenomeno a cui assistiamo oggi ha dei connotati diversi per numero di persone che si muovono, per numero di paesi da cui scappano queste persone, per totale assenza di politiche internazionali, sia di accoglienza che di relazioni con i paesi di origine. E' un fenomeno che deve essere innanzitutto capito e poi gestito: occorre capire che per quanto riguarda i profughi siamo di fronte alla più grande emergenza che abbia coinvolto l'Europa dopo la fine della seconda guerra mondiale e che il problema dei migranti d'ora in poi sarà un processo fisiologico. Per questo è importante che tutti noi contribuiamo a pensare questo fenomeno in maniera sincera e leale creando nei nostri territori, nella politica, nella vita della comunità una mentalità nuova e lungimirante.
E' tempo che le amministrazioni locali agiscano con determinazione su due fronti, in primis su quello dell'accoglienza: le buone prassi non mancano, neanche nel nostro paese; buone prassi che hanno evidenziato che anche da un fenomeno apparentemente devastante si possono scoprire ricchezze e valorizzare competenze anche a beneficio del paese ospitante. Secondariamente il livello locale deve avere un ruolo di stimolo e pressione, nei confronti del Governo, affinché questo si faccia parte attiva nel consesso europeo per trovare una soluzione a monte e soprattutto aiuti l'Europa a dare priorità a questi temi e non solo a componenti o fattori economici, così come del resto auspicato dalla recente dichiarazione "Più integrazione europea: la strada da percorrere" sottoscritta lo scorso 14 settembre a Roma dai Presidenti delle Assemblee parlamentari di Italia, Germania, Francia e Lussemburgo. La nostra città ha fatto molto in questa direzione, basti pensare anche alla recente approvazione del Consiglio degli Stranieri, vera bandiera di democrazia ed integrazione che si concretizzerà il prossimo 14 febbraio. Vicenza infatti può e deve fare molto altro: progetti di accoglienza che diano dignità a queste persone e che contemporaneamente sappiano costruire relazioni e offrano visione di futuro. Tutti noi, anche chi non ci crede, ne avremo dei benefici e soprattutto nessuno potrà accusarci un domani di aver commesso il reato collettivo di omissione di soccorso.

Il Consiglio direttivo
Associazione civica Vicenza Capoluogo

per capire meglio le "politiche internazionali" e le "cause immediate e remote all'origine dei fenomeni migratori" leggi anche:

Svolta USA sulla #Siria: alcuni retroscena

[...] (Che i bombardamenti USA che da un anno si susseguono sulla Siria non avessero affatto annientato le forze dello Stato Islamico [ISIS o IS o ISIL...], anzi, ma in compenso avessero contribuito a distruggere le infrastrutture siriane e ad aggravare la situazione dei siriani, è stato già osservato altrove. Con l’arrivo della Turchia la situazione si è ulteriormente aggravata. E va tenuto conto che un milione e più di profughi erano già ammassati ai confini della Turchia, che decide a piacere quando farli entrare – ed eventualmente fuggire: si è parlato di passaporti siriani in vendita in Turchia per qualche centinaio di $, basta una richiesta e una fotografia, un giornalista olandese ha fatto la prova e ci ha scritto un pezzo. Ultima notazione: Assad ha lamentato che i profughi sottraggono forze all’esercito siriano oltre che alla futura ricostruzione della Siria) [...]

Immigrazione: consapevolezza del destino comune
un intervento del nostro presidente della repubblica Mattarella.

riferimenti del Magistero:

venerdì 18 settembre 2015

In aumento guerre e vendita di armi

da La Voce dei Berici, 20 settembre 2015, p. 5 
da Cibo di guerra. 5° Rapporto sui conflitti dimenticati
  • aumentano i conflitti armati: 388 nel 2011, 424 nel 2014 
  • in 15 anni quintuplicate le vittime degli attentati terroristici jihadisti, in particolare in Afghanistan, Iraq, Siria, Pakistan, Nigeria... 
  • il mercato delle armi è in continua crescita: +16% rispetto al 2009 
spese militare 2014 [% sulle spese totali mondiali]:
  1. USA 35%
  2. Cina 8%
  3. Arabia Saudita 5%
  4. Russia 4,4% 
  5. UK 3,8%
  6. Francia 3,3%
vedi anche
http://www.ansa.it/canale_expo2015/notizie/news/2015/09/11/caritas-denuncia-in-aumento-i-conflitti_f2f516f4-eeda-457e-aefd-f23e8865efc3.html
http://www.paroladivita.org/Attualita/La-Caritas-denuncia-aumentano-le-guerre-nel-mondo

mercoledì 16 settembre 2015

Per capire bisogna anche ascoltare punti di vista "altri" ...

dalla pagina http://video.corriere.it/assad-attacca-europa-se-siete-preoccupati-migranti-smettete-appoggiare-terroristi/df114a18-5c5a-11e5-83f0-40cbe9ec401d?refresh_ce-cp

Assad attacca l'Europa: «Se siete preoccupati per i migranti smettete di appoggiare i terroristi» 

Il presidente siriano si scaglia anche contro gli USA: «Non accettano che siamo gli unici a combattere l'Isis sul campo» 

intervista e video

dalla pagina http://www.tgcom24.mediaset.it/mondo/assad-lascio-se-il-popolo-lo-chiede_2133662-201502a.shtml

Isis, responsabilità dell'Occidente - La Turchia e l'Occidente riforniscono i jihadisti di Jabhat Al Nusra e i terroristi dell'Isis, che combattono in Siria, di armi, soldi e volontari: per il presidente siriano Bashar Al Assad "è un dato di fatto". Ciononostante, il leader siriano, in un'intervista ai media russi, si dice pronto a cooperare con l'Occidente nella lotta al terrorismo, perché i Paesi occidentali "stando dalla parte dei terroristi non possono combattere il terrorismo da soli".

leggi anche

L'Isis sta vincendo? Non è vero...
da Famiglia Cristiana n. 27, 5 luglio 2015
30/06/2015  Per vincere bisogna che qualcuno combatta. Ma nessuno sta combattendo contro l'Isis. USA e Arabia Saudita sperano che i jihadisti abbattano il loro nemico Assad. E lasciano fare.

Non è vero che l’Isis sta vincendo. Anzi: guardiamoci da coloro che lo dicono. Perché si vince contro qualcuno o qualcosa. Mentre nessuno si batte per sconfiggere l’Isis. Nata in Iraq (il nome del suo capo, Al Baghdadi, vuol dire appunto “di Baghdad”) nel periodo in cui gli sciiti iracheni erano bersagliati dagli attentati, cresciuta in Siria nella lotta contro il regime sciita degli Assad, la milizia è stata aiutata in ogni modo da Paesi come Arabia Saudita, Turchia, Kuwait, Qatar e USA.

L’autorevole Brookings Institution ha calcolato che la sola amministrazione Obama ha investito un miliardo di dollari nei gruppi anti-Assad e partecipato all’addestramento di circa 10 mila combattenti. Nemmeno  quando l’Isis ha occupato  un terzo dell’Iraq ci si è davvero mobilitati per sconfiggerlo: si è solo costruita una barriera (fatta di di soldati iracheni e curdi e di milizie, più le incursioni aeree) per impedirgli di arrivare alle regioni irachene ricche di petrolio, lasciandolo però libero di devastare la Siria in nome della lotta contro Assad, oltre a consentirgli di occupare la parte dell'Iraq più popolata di cristiani.

continua 

domenica 13 settembre 2015

15 settembre: LCA


Laboratorio Cittadinanza Attiva
Al via! Martedì 15 settembre


Martedì 15 settembre | 1' incontro LCA per l'anno associativo 2015-2016

per info vai a questa pagina

sabato 12 settembre 2015

Le Torri Gemelle e l'Edificio 7

Oltre 2000 Architetti e Ingegneri americani (ad oggi 2349) della organizzazione AE911Truth.org (Architetti e Ingegneri per la Verità sull'11 settembre) sostengono da anni che le Torri Gemelle (WTC-1 e 2) e l'Edificio 7 (WTC-7) non possono essere crollati quell'11 settembre a seguito dell'impatto di aerei né del fuoco che ne è derivato. In particolare, l'Edificio 7, crollato nel pomeriggio, non è stato colpito da alcun aereo ma da frammenti di una delle due torri.
In breve, questi i motivi che adducono:
  • crollo quasi in caduta libera 
  • simmetria della caduta
  • polverizzazione totale del cemento
  • acciaio scagliato in modo esplosivo
  • scoppi tipici di demolizioni controllate
  • metallo fuso 
  • tracce di sostanze incendiarie 
  • testimonianze di esplosioni.
Quindi si tratta di motivi non ideologici ma tecnici, razionali e scientifici.
Questa non è una teoria della cospirazione: questa è scienza e buon senso.

Cosa chiedono?
I 2349 architetti e ingegneri hanno firmato una petizione in cui invitano il Congresso degli USA a ri-investigare la distruzione delle torri; tramite una petizione internazionale firmata da oltre 21300 persone, chiedono che una commissione indipendente apra una inchiesta e consideri evidenze e dati disponibili ma finora ignorati.

Perché sono solo 2349?
O perché hanno torto (e allora potrebbero aver torto anche Galileo e Newton sulla accelerazione di gravità) o perché non tutti gli architetti e ingegneri hanno il coraggio di affrontare l'argomento ed eventualmente di metterci la faccia.

Perché interessarsi ad un evento di 14 anni fa?
Per ricercare la verità...
Per dare risposte a quei familiari delle vittime che chiedono una inchiesta...
Perché quel giorno è ufficialmente nata la guerra infinita al Terrorismo: Afghanistan, Iraq, Siria, Libia... con la conseguente frammentazione e ulteriore destabilizzazione di quei territori e una lunghissima lista di morti e profughi...

venerdì 11 settembre 2015

11 settembre

1973: forze ostili al Presidente Salvador Allende organizzano il Golpe in Cile; Allende viene ucciso

2001: attentati negli USA; vengono uccise circa 3000 persone; migliaia i malati di tumori collegati alle polveri sottili e sostanze tossiche

"La storia insegna" ... ma ha scolari?

mercoledì 9 settembre 2015

Lettera pastorale alla Diocesi di Vicenza per l’anno 2015 - 2016


Testimoni della Misericordia che il Signore ha avuto per noi 

alcuni spunti...


PREMESSA 
[...]
Voglio iniziare questo mio dialogo con voi a partire da alcuni interrogativi che sento urgenti, sia a livello personale che a livello comunitario:

• Che significato ha la misericordia di Dio nella mia vita e nelle mie relazioni personali?
• Come viviamo la misericordia nelle comunità ecclesiali?
• Come testimoniamo la misericordia di Dio nel dialogo con i fratelli delle altre confessioni cristiane (ecumenismo) e con i fratelli di altre fedi religiose (dialogo interreligioso)?
• Come esercitiamo la misericordia nelle relazioni con la comunità civile? 

[...]


UNA COMUNITÀ DI FRATELLI
Papa Francesco nella Bolla d’indizione del Giubileo ha scritto: «Abbiamo sempre bisogno di contemplare il mistero della misericordia. È fonte di gioia, di serenità e di pace» (MV n.2). Tutta la Storia della Salvezza è narrazione della misericordia divina, e in modo particolare Gesù Cristo è il volto della misericordia del Padre. Per lasciarci illuminare sul tema della misericordia ho scelto come icona biblica la parabola del servo spietato. Siamo all’interno del discorso sulla comunità dei discepoli nel capitolo diciotto del vangelo di Matteo in cui si parla della correzione fraterna e della necessità di perdonare...
[...]

SUGGERIMENTI PASTORALI
[...]
La dimensione orante e celebrativa della Chiesa (la vita liturgica). In essa confluiscono i ministeri di quanti animano le celebrazioni e la preghiera della comunità.
La dimensione educativa (l’ascolto della Parola). Raccoglie coloro che si prodigano per la forma- zione nella comunità cristiana(catechesi); coloro che in molte maniere collaborano all’annuncio del Vangelo a quanti ancora non lo conoscono (missione); coloro che ricercano vie di dialogo e di comunione con i credenti di altre confessioni cristiane (ecumenismo) o di altre religioni (dialogo interreligioso).
La dimensione caritativa e fraterna. Comprende tutte le forme con le quali la comunità si prende cura dei più piccoli e dei poveri, per sostenerli nelle loro necessità e per renderli protagonisti e responsabili della propria liberazione.
La dimensione sociale e culturale. Si tratta di un aspetto spesso trascurato dalle nostre comunità. A questa dimensione vanno richiamati quanti vivono la testimonianza credente nei diversi ambienti di vita e collaborano, assieme a tutti gli uomini di buona volontà, all’edificazione di una società più umana, fraterna e solidale.
[...] 
Misericordia e Giustizia
Nella dimensione pastorale della testimonianza cristiana nel sociale va affrontato il rapporto tra misericordia e giustizia: «Non sono due aspetti in contrasto tra di loro, ma due dimensioni di un’unica realtà che si sviluppa progressivamente fino a raggiungere il suo apice nella pienezza dell’amore» (MV n.20).
Il versetto 31 della parabola del servo spietato ci racconta che non è Dio ad accorgersi del comportamento malvagio del primo servo verso il secondo: sono gli altri servi che, addolorati per ciò che avevano visto, vanno a riferire al padrone tutto l’accaduto. Questo aspetto ci suggerisce il ruolo dei cristiani nel mondo. Come sentinelle vigilano e osservano la realtà: con sguardo evangelico riconoscono i comportamenti di ingiustizia, sopraffazione e violenza presenti nella società e nel territorio in cui abitano, e li denunciano. L’indifferenza è una grave malattia del nostro tempo e in qualche modo ci rende corresponsabili del male.
Alla denuncia deve seguire un’azione di guarigione rivolta a tutte le persone coinvolte. Agli aguzzini va rivolto un accorato appello alla conversione con l’offerta del perdono. A coloro che sono feriti nella dignità di esseri umani va garantita una fraternità che li integri nella comunità e nella società.
• Mettiamoci in ascolto del territorio che abitiamo per individuare le situazioni bisognose di misericordia, che attendono uno sguardo di perdono e compassione, un appello di conversione e cambiamento. Riconosciamo le fatiche della nostra gente e offriamo tutta la nostra attenzione compassionevole. Potrebbe essere utile promuovere dei forum delle associazioni per svolgere questa azione di rilevazione dei luoghi che attendono il Vangelo della misericordia, per impostare con maggior convinzione una pastorale in uscita, una pastorale dell’incontro e del dialogo.
• Papa Francesco nell’enciclica Laudato Si’ ci ricorda che anche il creato e il cosmo attendono dall’umanità una rinnovata consapevolezza ecologica. Abbiamo bisogno di celebrare una riconciliazione con tutto il creato che si ribella allo sfruttamento sconsiderato delle risorse e alla violenza esercitata su tutte le altre creature: vegetali, animali, ecc.
• Mettiamo al centro l’impegno per la pace e la pacificazione contro ogni forma di violenza e discriminazione. In una società globalizzata è importante conoscere per accogliere. Sosteniamo iniziative che aiutino l’accoglienza e la non violenza.
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PENSIERO CONCLUSIVO

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martedì 8 settembre 2015

Maduro: solo propaganda?

dalla pagina http://diariocorreo.pe/mundo/nicolas-maduro-ordena-que-venezuela-reciba-a-20-000-refugiados-sirios-616060/

Nicolas Maduro, Presidente del Venezuela, ha comunicato che il Venezuela è pronto ad accogliere 20 mila rifugiati siriani: "vengano in Venezuela e condividano questa terra in pace".


Il Presidente Maduro nei giorni scorsi aveva enfatizzato che molti dei problemi del mondo, dalla crisi dei rifugiati e migranti in Europa ai conflitti armati nel Medio Oriente e l'ISIS sono un risultato della visione e azione politica - militare di lungo termine degli USA:

E' l'Europa che deve gestire il disastro provocato dagli USA [Afghanistan, Iraq, Siria, Libia...] ed è l'Europa che sta accogliendo migliaia di rifugiati.  Con la menzogna, gli USA hanno invaso l'Iraq che è la culla della civiltà e lo hanno raso al suolo. Ora è frammentato in una miriade di parti e colpito dal terrorismo nella sua forma più crudele [...] Chi ha bombardato la Libia? Chi ha finanziato i terroristi che cercano di distruggere la Siria? Gli USA hanno causato un disastro, il caos e vogliono causare caos in altre regioni del mondo [...] .

da Famiglia Cristiana n. 27, 5 luglio 2015

ISIS: nata in Iraq (il nome del suo capo, Al Baghdadi, vuol dire appunto “di Baghdad”) nel periodo in cui gli sciiti iracheni erano bersagliati dagli attentati, cresciuta in Siria nella lotta contro il regime sciita degli Assad, la milizia è stata aiutata in ogni modo da Paesi come Arabia Saudita, Turchia, Kuwait, Qatar e USA.
L’autorevole Brookings Institution ha calcolato che la sola amministrazione Obama ha investito un miliardo di dollari nei gruppi anti-Assad e partecipato all’addestramento di circa 10 mila combattenti. Nemmeno  quando l’Isis ha occupato  un terzo dell’Iraq ci si è davvero mobilitati per sconfiggerlo: si è solo costruita una barriera (fatta di di soldati iracheni e curdi e di milizie, più le incursioni aeree) per impedirgli di arrivare alle regioni irachene ricche di petrolio, lasciandolo però libero di devastare la Siria in nome della lotta contro Assad, oltre a consentirgli di occupare la parte dell'Iraq più popolata di cristiani. 

domenica 6 settembre 2015

Immigrazione: consapevolezza del destino comune


Intervento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella
41^ edizione del Forum The European House – Ambrosetti

Cernobbio, 05/09/2015

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La logica emergenziale sta rendendo l'Europa più debole, i suoi cittadini più insicuri e produce diffidenze tra gli Stati membri. Occorre, al contrario, una visione adeguata di lungo periodo e consapevolezza del destino comune. Va sconfitta la paura e il senso della comunanza di interessi deve tornare ad essere la base della strategia continentale.
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Vorrei far riferimento a due questioni cruciali, rispetto alle quali avvertiamo che, oggi, l'azione dell'Europa manca di efficacia:
  • lo avvertiamo nelle carenze nella governance economica di questi anni.
  • lo avvertiamo di fronte alle tragedie, spaventose, di profughi e di migranti, purtroppo sempre più frequenti.
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Sull'altro versante di crisi, quello dell'immigrazione, le chiusure, illusorie, e le inerzie smentiscono drammaticamente i valori della nostra civiltà. Le immagini strazianti - come quelle del piccolo Aylan - confliggono con questi valori, anzi confliggono con la nostra stessa idea di umanità. La commozione a volte perfora la corazza dell'indifferenza, ma siamo lontani dalla percezione del carattere epocale e della dimensione del fenomeno migratorio. E' ancora lunga la strada di politiche comuni, di risposte all'altezza della sfida. Lo spettro che a volte compare è l'Europa della paura, dei muri, dei veti: è l'Europa che insegue e, così facendo, alimenta nazionalismi e populismi.
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Si tratta di un fenomeno [l'immigrazione] di portata inedita, con la prospettiva di flussi sempre più imponenti senza adeguate risposte strategiche. Per questo, in questi giorni, alcuni paesi fondatori hanno richiamato l'intera Unione ad assumere un'azione comune ed efficace.
[...]
l'Europa è un percorso storicamente obbligato.
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Occorre connettere politiche serie e lungimiranti, che affrontino in primo luogo nelle opportune sedi internazionali, le cause immediate e remote all'origine dei fenomeni migratori, che rendano gestibili i flussi, possibile l'integrazione di chi cerca e trova lavoro, più sicure le nostre città. La serietà di queste politiche passa per una collaborazione con i Paesi più poveri, per investimenti che possano favorire la loro crescita e rimuovere le condizioni di invivibilità che spingono i loro cittadini a sfidare qualunque pericolo pur di giungere in Europa; spazio di benessere, di pace, di sicurezza dei diritti. Passa anche, naturalmente, per intese che riescano a stroncare la tratta di esseri umani e a colpire i trafficanti.
[...]
L'alternativa non è tra la resa a un'invasione e la presunta difesa della ''Fortezza Europa''. L'alternativa è tra un'Europa protagonista del proprio destino e un'Europa che subisce gli eventi senza saperli governare.
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Il mondo è in movimento, sulle gambe di milioni di donne, uomini, bambini: un esercito inerme, che marcia alla ricerca della propria salvezza. Cosa possiamo opporre alle loro ragioni? Sono loro, che fuggono dalla violenza e dalla morte, il nostro nemico? O il nemico, piuttosto, va visto nelle guerre e nel terrorismo internazionale, variamente alimentato, che vanno contrastati con decisione, anzitutto sul piano della cultura e della libertà?
[...]
Una politica comune europea - capace di relazioni economiche di pace nel Mediterraneo - è anche l'arma migliore di cui disponiamo nei confronti del terrorismo.
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In definitiva, più Europa. Non vuol dire più vincoli, più burocrazia. Più Europa è la consapevolezza che questa è la dimensione della sfida globale.
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leggi anche http://socialevicenza.blogspot.it/2015/07/lisis-sta-vincendo-non-e-vero.html 


sabato 5 settembre 2015

Il grido di dolore di nostra Madre Terra

dall'ultimo numero di Tera e Aqua, rivista bimestrale, espressione, con la rivista trimestrale Gaia e ai libri di Gaia, dell'Ecoistituto del Veneto Alex Langer, con sede a Mestre, viale Venezia 7 (50 m dalla stazione)

Il grido di dolore di nostra Madre Terra
di Michele Boato
Non si può affrontare oggi il tema della difesa dell’ambiente, del paesaggio, della salute, senza sottolineare l’enorme novità rappresentata dall’enciclica Laudato si’, pari, come importanza storica, solo all’enciclica Pacem in terris del 1963. 
L’enciclica Pacem in terris, che interrompeva una sequela di documenti e di atti ispirati alla “guerra fredda” tra occidente capitalista e oriente comunista, ha segnato una svolta storica per la chiesa e per la politica mondiale, in tema di pace, invitando al dialogo come unica alternativa al suicidio mondiale per opera di una guerra nucleare. Essa è uscita qualche mese dopo che l’intervento personale del suo autore, papa Giovanni XXIII, è stato determinante per portare a soluzione pacifica la crisi dei “missili a Cuba”, che era arrivata ad un passo dalla catastrofe nucleare
Così ora l’enciclica Laudato si’ di papa Francesco, col suo linguaggio diretto, mette tutti, credenti e non credenti, di fronte alle pesanti responsabilità, personali e politiche, verso nostra Madre Terra, che “protesta per il male che le facciamo”. 
Questo documento segna un’epoca con una priorità massima nella scala dei valori: l’epoca della salvaguardia del Creato, che va “coltivato e custodito”, l’epoca, scrive papa Bergoglio, dell’”ecologia integrale”, che non vede più la specie umana al di sopra della natura (con la missione di dominarla e utilizzarla ai suoi fini) ma all’interno di essa, parte di essa. 
Non è più il tempo dell’ecologia come pura difesa estetica del paesaggio, o solo come attenzione nobile alle specie in via d’estinzione. Il messaggio è chiaro: o ci si salva assieme a nostra Madre Terra, o per noi non c’è futuro: si va verso la nostra estinzione, non certo quella di tutto il creato. 
Il nuovo umanesimo che viene proposto comprende il diritto per tutti al cibo e all’acqua [all'aria, al suolo], e questo implica una giusta distribuzione delle risorse (senza privatizzazione dei beni comuni) e un nuovo stile di vita: la “decrescita” per chi ha già troppo e la sobrietà come valore universale. 
E quindi, lodato sia questo nuovo Francesco, che come il suo predecessore d’Assisi, non si perde in concetti astratti, ma indica e pratica comportamenti di semplicità, cammina con chiunque voglia salvare il nostro futuro e ci spinge ad impegnarsi nel buongoverno della polis.

giovedì 3 settembre 2015

La terza guerra mondiale: ci siamo già dentro?

Fabio Mini: "Oggi la guerra limitata non è più possibile neppure in linea teorica: gli interessi politici ed economici di ogni conflitto, anche il più remoto e insignificante, coinvolgono sia tutte le maggiori potenze sia le tasche e le coscienze di tutti. La guerra è diventata un illecito del diritto internazionale e non è più la prosecuzione della politica, ma la sua negazione, il suo fallimento". 

dalla pagina http://movisol.org/ex-comandante-nato-si-sta-preparando-lo-scontro-nucleare/


Il generale di Corpo d’Armata Fabio Mini, ex capo di stato maggiore del Southern Command della NATO ed ex comandante delle truppe KFOR in Kossovo, ha ammonito del pericolo di un’escalation di quella che definisce una “Guerra mondiale” già in corso, che può sfociare in un conflitto nucleare. Mini traccia anche un collegamento con la dinamica del potere dei mercati finanziari sugli stati nazionali. In un’intervista con Enzo Pennetta, sul suo sito “Critica Scientifica”, Mini dice che “a cominciare dalla guerra fredda che i paesi baltici hanno iniziato contro la Russia, dalla guerra “coperta” degli americani contro la stessa Russia, dai pretesti russi contro l’Ucraina, alla Siria, allo Yemen e agli altri conflitti cosiddetti minori o “a bassa intensità” tutto indica che non dobbiamo aspettare un altro conflitto totale: ci siamo già dentro fino al collo. Quello che succede in Asia con il Pivot strategico sul Pacifico è forse il segno più evidente che la prospettiva di una esplosione simile alla seconda guerra mondiale è più probabile in quel teatro. Non tanto perché si stiano spostando portaerei e missili (cosa che avviene), ma perché la preparazione di una guerra mondiale di quel tipo, anche con l’inevitabile scontro nucleare, è ciò che si sta preparando. Non è detto che avvenga in un tempo immediato, ma più la preparazione sarà lunga più le risorse andranno alle armi e più le menti asiatiche e occidentali si orienteranno in quel senso.
continua

martedì 1 settembre 2015

Un umano rinnovato, per abitare la terra

1° settembre 2015 - Messaggio per la 
10ª Giornata per la custodia del creato 

leggi / scarica il pdf


La Giornata per la custodia del creato [oggi la decima edizione] è un'iniziativa voluta dalla Conferenza Episcopale Italiana in sintonia con le altre comunità ecclesiali europee che consiste in una giornata annuale dedicata a riaffermare l'importanza, anche per la fede, del'ambientalismo con tutte le sue implicazioni etiche e sociali.

1º settembre: Giornata Mondiale di Preghiera per la Cura del Creato

dalla pagina http://press.vatican.va/content/salastampa/en/bollettino/pubblico/2015/08/10/0609/01316.html

di seguito il testo della Lettera che Papa Francesco ha inviato al Cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace e al Cardinale Kurt Koch, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, con la quale istituisce la “Giornata Mondiale di Preghiera per la Cura del Creato”, da celebrarsi ogni anno il 1° settembre:


Ai Venerati Fratelli

Cardinale Peter Kodwo Appiah TURKSON
Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace


Cardinale Kurt KOCH
Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani


Condividendo con l’amato fratello il Patriarca Ecumenico Bartolomeo le preoccupazioni per il futuro del creato (cfr Lett. Enc. Laudato si’, 7-9), ed accogliendo il suggerimento del suo rappresentante, il Metropolita Ioannis di Pergamo, intervenuto alla presentazione dell’Enciclica Laudato si’ sulla cura della casa comune, desidero comunicarvi che ho deciso di istituire anche nella Chiesa Cattolica la “Giornata Mondiale di Preghiera per la Cura del Creato”, che, a partire dall’anno corrente, sarà celebrata il 1° settembre, così come già da tempo avviene nella Chiesa Ortodossa.

Come cristiani vogliamo offrire il nostro contributo al superamento della crisi ecologica che l’umanità sta vivendo. Per questo dobbiamo prima di tutto attingere dal nostro ricco patrimonio spirituale le motivazioni che alimentano la passione per la cura del creato, ricordando sempre che per i credenti in Gesù Cristo, Verbo di Dio fattosi uomo per noi, «la spiritualità non è disgiunta dal proprio corpo, né dalla natura o dalle realtà di questo mondo, ma piuttosto vive con esse e in esse, in comunione con tutto ciò che li circonda» (ibid., 216). La crisi ecologica ci chiama dunque ad una profonda conversione spirituale: i cristiani sono chiamati ad una «conversione ecologica che comporta il lasciare emergere tutte le conseguenze dell’incontro con Gesù nelle relazioni con il mondo che li circonda» (ibid., 217). Infatti, «vivere la vocazione di essere custodi dell’opera di Dio è parte essenziale di un’esistenza virtuosa, non costituisce qualcosa di opzionale e nemmeno un aspetto secondario dell’esperienza cristiana» (ibid).

L’annuale Giornata Mondiale di Preghiera per la Cura del Creato offrirà ai singoli credenti ed alle comunità la preziosa opportunità di rinnovare la personale adesione alla propria vocazione di custodi del creato, elevando a Dio il ringraziamento per l’opera meravigliosa che Egli ha affidato alla nostra cura, invocando il suo aiuto per la protezione del creato e la sua misericordia per i peccati commessi contro il mondo in cui viviamo. La celebrazione della Giornata, nella stessa data, con la Chiesa Ortodossa sarà un’occasione proficua per testimoniare la nostra crescente comunione con i fratelli ortodossi. Viviamo in un tempo in cui tutti i cristiani affrontano identiche ed importanti sfide, alle quali, per risultare più credibili ed efficaci, dobbiamo dare risposte comuni. Per questo, è mio auspicio che tale Giornata possa coinvolgere, in qualche modo, anche altre Chiese e Comunità ecclesiali ed essere celebrata in sintonia con le iniziative che il Consiglio Ecumenico delle Chiese promuove su questo tema.

A Lei, Cardinale Turkson, Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, chiedo di portare a conoscenza delle Commissioni Giustizia e Pace delle Conferenze episcopali, nonché degli Organismi nazionali e internazionali impegnati in ambito ecologico, l’istituzione della Giornata Mondiale di Preghiera per la Cura del Creato, affinché, in armonia con le esigenze e le situazioni locali, la celebrazione sia debitamente curata con la partecipazione dell’intero Popolo di Dio: sacerdoti, religiosi, religiose e fedeli laici. A tale scopo, sarà premura di codesto Dicastero, in collaborazione con le Conferenze Episcopali, attuare opportune iniziative di promozione e di animazione, affinché questa celebrazione annuale sia un momento forte di preghiera, riflessione, conversione e assunzione di stili di vita coerenti.

A Lei, Cardinale Koch, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, chiedo di prendere i necessari contatti con il Patriarcato Ecumenico e con le altre realtà ecumeniche, affinché tale Giornata Mondiale possa diventare segno di un cammino percorso insieme da tutti i credenti in Cristo. Sarà premura inoltre di codesto Dicastero curare il coordinamento con iniziative simili intraprese dal Consiglio Ecumenico delle Chiese.

Mentre auspico la più ampia collaborazione per il migliore avvio e sviluppo della Giornata Mondiale di Preghiera per la Cura del Creato, invoco l’intercessione della Madre di Dio Maria Santissima e di san Francesco d’Assisi, il cui Cantico delle Creature ispira tanti uomini e donne di buona volontà a vivere nella lode del Creatore e nel rispetto del creato. Avvalora questi voti la Benedizione Apostolica, che di cuore imparto a voi, Signori Cardinali, e a quanti collaborano nel vostro ministero.

Dal Vaticano, 6 agosto 2015
Festa della Trasfigurazione del Signore


FRANCISCUS