giovedì 30 giugno 2016

Un seminario parlamentare per discutere di TTIP

dalla pagina https://stop-ttip-italia.net/2016/06/29/seminario-parlamentare-ttip-333/


“Il trattato commerciale UE-USA (TTIP): preoccupazioni e proposte di parti sociali e imprese”, è il titolo del seminario parlamentare promosso dalla Campagna Stop TTIP Italia insieme ad altre dieci organizzazioni che rappresentano il mondo dell’agricoltura, del sindacato, dei consumatori, dell’ambientalismo e del commercio (SCARICA IL VOLANTINO). Il momento di dialogo con le istituzioni è in agenda per il 5 luglio 2016, a partire dalle ore 15, in sala Aldo Moro. [continua]

dalla pagina http://video.repubblica.it/economia-e-finanza/ttip-marcon-si-nella-sala-lettura-del-trattato-un-ora-per-800-pagine-non-e-vera-trasparenza/244700/244763?ref=HRBV-1

TTIP, Marcon (Si) nella sala lettura del trattato: "Un'ora per 800 pagine, non è vera trasparenza"

Da qualche settimana al ministero dello Sviluppo Economico è aperta la sala lettura dove i parlamentari possono consultare i documenti del TTIP, il trattato di commercio transatlantico in corso di negoziazione tra Unione Europea e USA. La possibilità per deputati e senatori di accedere alle carte del trattato è stata concessa in risposta alle polemiche sull'eccesso di segretezza che per mesi ha circondato il negoziato. Il deputato di Sinistra Italiana, Giulio Marcon, è stato il primo a entrare nella sala di lettura, off limits per giornalisti, organizzazioni non governative e semplici cittadini. Uscendo dalla sua seconda visita al ministero, Marcon racconta il complicato percorso che regola l'accesso ai documenti del TTIP e che, a suo giudizio, mantiene il negoziato ancora troppo poco trasparente.

di Marco Billeci

mercoledì 29 giugno 2016

Con coraggio verso una unione politica

dal sito del Movimento Federalista Europeo e Gioventù Federalista Europea

Lettera MFE-GFE al Presidente Renzi dopo Brexit

Al Presidente del Consiglio, Matteo Renzi

Signor Presidente,
come ha Lei stesso ricordato all’indomani dell’esito negativo del referendum britannico, siamo ad un tornante storico, in cui la scelta  non deve essere tra restare o abbandonare la casa europea, ma tra mettersi all’opera per ristrutturarla o lasciarla cadere in pezzi. Per ristrutturarla è indispensabile impostare fin d’ora tutte le politiche necessarie per riconquistare la fiducia dei cittadini e la solidarietà tra i nostri paesi; ma è evidente che queste politiche sarebbero destinate all’insuccesso e non sarebbero credibili, se non venissero subito inquadrate in un progetto coerente di consolidamento dell’unione monetaria in una vera unione politica. È un dato di fatto, ormai sperimentato, che non è possibile alcun serio rilancio delle politiche comuni europee a partire dall’eurozona senza inquadrarle in una riforma delle istituzioni comuni che le renda adeguate ad attuare e governare tali politiche. [continua]

Dichiarazione del Comitato centrale MFE sull'esito del referendum in Gran Bretagna

Miopia e responsabilità politiche
Bisogna essere ottusi per non capire che una irresponsabile ed irrazionale degenerazione della  lotta di potere nazionale in uno Stato membro ha condotto l'Unione europea sull'orlo dell'abisso: un accordo con uno Stato membro ad di fuori dei Trattati, una perniciosa vittoria dei movimenti populisti ed anti europei, un precedente pericoloso che altri Paesi potrebbero seguire, la stessa possibile disintegrazione di un Regno dopo più di 300 anni di storia comune. Siamo alla resa dei conti: occorre un’accelerazione, e non certo un rallentamento, come taluni sembrerebbero intenzionati a proporre, del processo di consolidamento dell’unione monetaria in una unione politica. [continua]

#iostoconledonne


femminicidio: punta dell'iceberg della questione maschile non affrontata

martedì 28 giugno 2016

Un unico desiderio: Vivere, con dignità. Puoi negarlo?

da Human documentario del 2015 di Yann Arthus-Bertrand

Incontro con José Alberto Mujica Cordano, conosciuto pubblicamente come Pepe Mujica, senatore della repubblica e capo dello Stato dal 2010 al 2015. 

[voce narrante] "...  è l'unico politico presente nel film. Sembra avere un'altra idea di come potrebbe essere il Mondo. Si chiama José Mujica ed è stato capo dello stato dell'Uruguay fino al 2015. L'ho incontrato quando era ancora Presidente. [...] E' un ex-leader della opposizione che ha trascorso 12 anni in prigione. Anche da Presidente ha continuato a vivere nella sua piccola fattoria. Non ha un conto corrente, guida il suo vecchio maggiolino e destina il 90% del suo stipendio alle Ong. Rappresenta un altro genere di politico...". 

[Pepe Mujica] "O si è felici con poco, senza sovraccaricarsi, perché la felicità è dentro di sé, o non si approda  a nulla. Questa non è un'apologia della povertà, ma l'apologia della sobrietà. Abbiamo inventato una società dei consumi in continua ricerca della crescita.
I poveri dell'Africa Su-sahariana che camminano per chilometri per trovare dell'acqua non sono i poveri dell'Africa: sono i proveri della nostra umanità. La responsabilità è di tutti. Però ci sono persone di 80 - 90 anni che hanno milioni e migliai di milioni e continuano ad accumulare denaro. E noi siamo incapaci, non abbiamo il coraggio di tassarli e dirgli "Basta!". E' incredibile. Questi sono i problemi dell'agenda mondiale, di un mondo che non ha una governance. Se non siamo capaci di stabilire degli obiettivi, di occuparci dei problemi dell'umanità e di affrontarli rendendoli la nostra ragione centrale di vita, mettiamo in pericolo la nostra stessa vita. 
Pepe Mujica
La fase del capitalismo che stiamo vivendo, ha portato il progresso. Probabilmente, ha aumentato l'aspettativa di vita di 40 anni. Ma allo stesso tempo ci ha rovinato la vita, ci ha rubato il tempo. Ci ha trasformati tutti in merce di scambio. Siamo tutti in vendita. Abbiamo inventato una società del consumo, consumista, con un bisogno costante di crescere. Perché se l'economia non cresce, è una tragedia. Abbiamo inventato una montagna di bisogni superflui. Buttiamo via, compriamo, buttiamo via... Ma è la nostra vita che stiamo sperperando. Perché quando compro qualcosa, o tu compri qualcosa, non lo compriamo con i soldi, lo compriamo con il tempo della vita che abbiamo speso per guadagnare quei soldi. Con l'unica differenza che l'unica cosa che non si può comprare è la vita. La vita si esaurisce. Ed è terribile sprecare la propria vita per perdere la libertà. La vita è troppo bella per darle così poca importanza. Forse, dobbiamo aspettare che il malcontento si diffonda per renderci conto del valore che hanno le cose più semplici e fondamentli della vita". 

domenica 26 giugno 2016

27 giugno 1980: Strage di Ustica

dal film Ustica di Renzo Martinelli

"Ecco cosa è accaduto quel 27 giugno nel cielo di Ustica..."

 "I resti del caccia USA ripescati al lagrgo di Ustica fra i rottami del DC9 Itavia [...] scomparsi senza lasciare traccia" 

"[...] Quali reperti sono stati ripescati prima delle operazioni del DC9? E da chi?"

"Insieme ai resti del DC9 venne ripescato un serbatoio sub alare da 300 galloni di un caccia militare USA..." 

"[...] frammenti metallici la cui lega corrisponde a quella utilizzata nei pannelli alari dei caccia USA F-5E"

dalla pagina http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/03/31/ustica-la-quarta-verita-in-un-film-il-regista-caccia-usa-contro-il-dc9-bonfietti-pista-plausibile-ancora-molta-strada-da-fare/2596316/

E’ la cosiddetta “quarta ipotesi” su Ustica, dopo quella del cedimento strutturale, della bomba a bordo, e del missile, in 35 anni in cui si sono susseguite indagini, sentenze, depistaggi, morti sospette di testimoni.

Daria Bonfietti, presidente dell’Associazione parenti delle vittime della strage di Ustica. “Martinelli può girare ciò che vuole. La pista che descrive, peraltro, è una di quelle possibili. Quello che mi costerna è che ancora oggi dopo tutto questo tempo non si riesca ad andare avanti per capire fino in fondo ciò che successe quella notte. Manca sempre la volontà politica per farlo. Meglio che un film così ci sia per smuovere nuovamente l’attenzione sul caso”.

“Non ci sono vere e proprie tracce di una collisione con un caccia sui pezzi recuperati del DC9. Che poi l’aereo militare spezzi in due l’aereo civile, come mi viene detto si vede nel film, non lo credo verosimile. Bisognerebbe immaginare gli effetti di un postbruciatore di un caccia che colpisce da vicino un aereo: tracce che non ci sono”, sottolinea il giornalista Andrea Purgatori, sceneggiatore de Il Muro di Gomma. “Il film lo andrò a vedere. Per ora ho visto il trailer e c’è un inseguimento tra i caccia americani e quello libico, dato storico molto verosimile. Ci sono testimoni in parti diverse della Calabria di questo fatto quella sera. Anche il coinvolgimento degli americani è verosimile. Se poi hanno sparato un missile i francesi e hanno abbattuto il DC9, o sono stati gli americani col caccia, parliamo della stessa partita a carte e i giocatori sono quelli”.

visita
Associazione Parenti delle Vittime della Strage di Ustica

sabato 25 giugno 2016

USA: sit-in Dem al Congresso per una stretta sulle armi

dalla pagina http://www.corriere.it/notizie-ultima-ora/Esteri/Usa-ore-sit-dem-Congresso/23-06-2016/1-A_028672856.shtml

(ANSA) - NEW YORK - La rabbia dei democratici al Congresso americano non si placa. Cosi' il sit-in per chiedere con forza una stretta sulle armi da fuoco prosegue ad oltranza, da ormai 22 ore. L'aula della Camera dei Rappresentanti, nonostante lo speaker repubblicano Paul Ryan abbia aggiornato i lavori al 5 luglio, resta occupata da decine di deputati. Una cosa mai vista - commentano gli osservatori, con il New York Times che scrive: "Scene di un'eccezionale baraonda alla Camera". In prima linea John Lewis, 76 anni, icona della lotta per i diritti civili degli afroamericani. Momenti di tensione nella notte si sono registrati proprio quando Ryan ha invitato tutti ad andare a casa. Ne e' nata una bagarre, con urla, cori da stadio e canti. E mentre tutti intonavano le note di 'We Shall Overcome', l'inno del movimento per i diritti civili degli anni '60, molti rivolti allo speaker mostravano cartelli con le foto delle vittime delle armi, compresi i 20 bimbi della strage di Newtown e i 50 morti del massacro di Orlando. 

dalle pagine:
http://www.usatoday.com/story/news/nation/2014/12/03/military-style-ar-rifles-market-saturated/19836755/
http://goal.org/newspages/AWB-truth.html 
https://www.stagarms.com/ar15-rifles/ 

Dicembre 2014: Fucili di tipo militare AR-15: "Il mercato è saturo" 

Il numero di fucili posseduto legalmente negli USA oggi è stimato fra 20 e 30 milioni
Il numero stimato di fucili AR-15 negli USA è 3milioni, secondo una stima, fra 5 e 10 milioni secondo altre
  • prezzo: a partire da US$900
  • caricatore standard: 30 colpi
  • gittata: oltre 500m 


dalla pagina https://en.wikipedia.org/wiki/Number_of_guns_per_capita_by_country
Densità di armi da fuoco legalmente detenute da civili
Negli USA il numero di armi da fuoci è:
  • 112,6 per 100 abitanti
  • oltre 300milioni di armi da fuoco (il doppio rispetto al 1968)
  • il numero di famiglie che possiede armi da fuoco è sceso dal 50% (1975) a circa il 30% in anni recenti (una famiglia su tre è pesantemente armata)



venerdì 24 giugno 2016

Prigioniero a Guantanamo mai accusato di un crimine rilasciato dopo 14 anni

dalla pagina http://sputniknews.com/us/20160623/1041784641/rahabi-released-guantanamo.html

Il 37enne Abdel Malik Wahab al Rahabi, originario dello Yemen, è stato consegnato al Montenegro invece che al suo Paese perché ritenuto un possibile estremista. Ha trascorso 14 anni nella progione di Guantanamo e non gli è mai stato imputato alcun crimine.
[...] Ha aspettato 14 anni per riunirsi alla moglie e alla figlia che non ha mai conosciuto. Il suo avvocato non sapeva quando moglie e figlia potranno riunirsi a lui nel Montenegro.
[...] Era sospettato di essere una delle guardie del corpo di Osama bin Laden in Afghanistan. 
Ci sono ancora 79 prigionieri a Guantanamo...

leggi anche la storia di Abu Zubaydah:  
«Così la CIA mi ha torturato nel carcere di Guantanamo»

giovedì 23 giugno 2016

23 giugno: Veglia ecumenica

Morire di speranza

Si è celebrata in questi giorni la Giornata mondiale del rifugiato 2016, dedicata a uomini, donne e bambini che in tutto il mondo fuggono da guerre, persecuzioni e violenze. Numeri impressionanti – l’ultimo rapporto Unhcr segnala per il 2015 la cifra record di 65,3 milioni di rifugiati nel mondo – che non devono però farci dimenticare i volti e le storie di queste persone da accogliere, e i gesti, le scelte, le responsabilità e le consapevolezze di cui ciascuno di noi può farsi carico (l’Unhcr ha lanciato in questi giorni anche la campagna web #WithRefugees).

La collaborazione fra Associazione Presenza Donna, Chiesa evangelica metodista, Centro Astalli e Migrantes propone anche quest’anno alla cittadinanza la veglia ecumenica di preghiera “Morire di speranza”, per fare memoria di quanti e quante hanno perso la vita cercando di raggiungere l’Europa. La veglia avrà luogo giovedì 23 giugno alle 20.45 nella parrocchia di S. Maria Bertilla a Vicenza.

Un appuntamento significativo per pregare insieme e per interrogarsi su come abbattere muri per costruire strade e corridoi umanitari. “Un’iniziativa in cui raccogliamo le nostre mani per ritrovare nuove energie per l’impegno nella quotidianità”, sottolinea William Jourdan, pastore della chiesa evangelico metodista  di Vicenza. “Una dimensione molto importante per noi come credenti che mostra le due facce della stessa medaglia dell’attenzione nei confronti dei richiedenti asilo e dei migranti in generale: da un lato l’importanza di un impegno quotidiano che si esprime in modi differenti e dall’altro la meditazione biblica, possibilmente corale, portata avanti insieme dalle diverse confessioni cristiane. Credo sia importante come cristiani riunirsi nella preghiera comune, sapendo sempre pregare, se non sempre con gli altri, per gli altri. La preghiera non conosce barriere”.

Continua inoltre fino al 24 giugno (con orario 9-12.30 / 14.30-18.30), l’esposizione della mostra “Disegni dalla frontiera”, che raccoglie le opere di Francesco Piobbichi negli spazi del Palazzo delle Opere sociali.

Associazione Presenza Donna

mercoledì 22 giugno 2016

Appello: "No alle bombe nucleari in Italia"

da info@mosaicodipace.it

APPELLO CONCLUSIVO DEL CONVEGNO 
«IL RUOLO DELLA NATO NELLA GUERRA MONDIALE A PEZZI»
PRATO, 11 GIUGNO 2016 

Settant’anni fa, il 6 e il 9 agosto del 1945, avvennero i tremendi bombardamenti atomici su Hiroshima e Nagasaki. A distanza di tanto tempo, questo tragico evento suscita ancora orrore e repulsione. Esso è diventato il simbolo dello smisurato potere distruttivo dell’uomo quando fa un uso distorto dei progressi della scienza e della tecnica, e costituisce un monito perenne all’umanità, affinché ripudi per sempre la guerra e bandisca le armi nucleari e ogni arma di distruzione di massa. 
Papa Francesco, 9 agosto 2015 
   
No alle bombe nucleari in Italia
Sono in fase di sviluppo negli Stati Uniti – documenta la U.S. Air Force – le bombe nucleari B61-12, destinate a sostituire le attuali B61 installate dagli Usa in Italia e altri paesi europei.

La B61-12 – documenta la Federazione degli scienziati americani (Fas) – non è solo una versione ammodernata della B61, ma una nuova arma nucleare: ha una testata nucleare a quattro opzioni di potenza selezionabili, con una potenza media pari a quella di quattro bombe di Hiroshima;  un sistema di guida che permette di sganciarla a distanza dall’obiettivo; la capacità  di penetrare nel terreno per distruggere i bunker dei centri di comando in un attacco nucleare di sorpresa.

 Le B61-12, che gli Usa si preparano a installare in Italia, sono armi che abbassano la soglia nucleare, ossia rendono più probabile il lancio di un attacco nucleare dal nostro paese e lo espongono quindi a una rappresaglia nucleare.

Secondo le stime della Fas, gli Usa mantengono oggi 70 bombe nucleari B61 in Italia (50 ad Aviano e 20 a Ghedi-Torre), 50 in Turchia, 20 rispettivamente in Germania, Belgio e Olanda, per un totale di 180. Nessuno sa però con esattezza quante effettivamente siano le B-61, destinate ad essere sostituite dalle B61-12. 

Foto satellitari – pubblicate dalla Fas – mostrano che, per l’installazione delle B61-12, sono già state effettuate modifiche nelle basi di Aviano e Ghedi-Torre.

L’Italia, che fa parte del Gruppo di pianificazione nucleare della Nato, mette a disposizione non solo il suo territorio per l’installazione di armi nucleari, ma – dimostra la Fas – anche piloti che vengono addestrati all’attacco nucleare con cacciabombardieri italiani sotto comando Usa. 

L’Italia viola in tal modo il Trattato di non-proliferazione delle armi nucleari, firmato nel 1969 e ratificato nel 1975, che all’Art. 2 stabilisce: «Ciascuno degli Stati militarmente non nucleari, che sia Parte del Trattato, si impegna a non ricevere da chicchessia armi nucleari o altri congegni nucleari esplosivi, né il controllo su tali armi e congegni esplosivi, direttamente o indirettamente».

Chiediamo che l’Italia cessi di violare il Trattato di non-proliferazione e, attenendosi a quanto esso stabilisce, chieda agli Stati uniti di rimuovere immediatamente qualsiasi arma nucleare dal territorio italiano e rinunciare a installarvi le nuove bombe B61-12 e altre armi nucleari.

Liberare il nostro territorio nazionale dalle armi nucleari, che non servono alla nostra sicurezza ma ci espongono a rischi crescenti, è il modo concreto attraverso cui possiamo contribuire a disinnescare l’escalation nucleare e a realizzare la completa eliminazione delle armi nucleari che minacciano la sopravvivenza dell’umanità.

sabato 18 giugno 2016

Perplessità e puntualizzazioni dei Vescovi sul TTIP

dalle pagine:

UE-USA: Ttip, intervento congiunto dei vescovi europei e americani. “Mettere al centro i più poveri e vulnerabili” 

UE-USA: Ttip, intervento congiunto dei vescovi europei e americani. Tre criteri: sostenibilità, precauzione, trasparenza

Vescovi Comece [Commissione degli episcopati della Comunità Europea]: "Chiesa, voce dei poveri" 


Un trattato che “solleva una serie di problemi e di controversie” e la Chiesa “deve far sentire la voce dei più deboli e dei più poveri in Europa e nel mondo, nella misura in cui saranno interessati dall‘accordo sul libero scambio”. Lo scrivono i vescovi europei della Comece (la Commissione degli episcopati della Comunità Europea) che hanno deciso di dedicare la loro Assemblea plenaria autunnale alla analisi del Partenariato transatlantico su commercio ed investimenti (Transatlantic Trade and Investment Partnership, TTIP) che è attualmente in corso di negoziato tra gli Stati Uniti e l‘Unione Europea.
In un comunicato diffuso al termine della Assemblea plenaria dei vescovi UE (che si è conclusa il 13 novembre scorso a Bruxelles NdR), la Comece fa sapere che ad informare accuratamente i vescovi europei sul contenuto preciso dei negoziati è stato il capo negoziatore per l‘Unione Europea per il TTIP, Garcia Bercero. Ad essere esaminati sono stati anche gli elementi che sono stati esclusi dal Trattato (come gli ogm e le denominazioni d‘origine), nonché le prossime fasi dei negoziati.
Dopo un esame del testo a 360 gradi, la Comece ha stimato che “al di là delle questioni strettamente commerciali che solleva, il TTIP interroga la nostra identità europea e come tale identità possa affermarsi e profilarsi nel mondo”.
“In sostanza, il TTIP – affermano i vescovi Ue – ha un effetto specchio sull‘Unione Europea e obbliga gli europei a definire in più chiaramente la propria posizione sulla scena mondiale e ad adottare una strategia commerciale e una politica monetaria sostenibile in vista dei prossimi decenni che si annunciano a crescita debole o zero”.
Questo è il motivo per cui la Comece ha deciso di elaborare un documento che esprima la presa di posizione dell‘episcopato europei sul TTIP. “Questo documento metterà in evidenza le opportunità e formulerà una serie di domande critiche lasciate in sospeso riguardo al progetto di trattato. Il presente documento sarà reso pubblico e trasmesso ai deputati europei, che saranno chiamati a confermare o meno il Trattato”.
Vari e diversi sono stati i punti di vista presentati in questi giorni ai vescovi europei. L‘economista Pierre Defraigne, direttore esecutivo della Fondazione Madariaga, ha presentato le sue riserve sul Trattato e, in particolare, sul dubbio che possa “promuovere la crescita economica e l‘occupazione nei Paesi dell‘UE”.
Da parte sua, Patrick O‘Sullivan, docente di etica degli affari, ha messo in guardia contro gli attuali indicatori economici, che non riflettono il reale sviluppo umano mentre Brian Mc Feeters, consigliere economico presso l‘Ambasciata degli Stati Uniti verso l‘UE ha richiamato le opportunità economiche che un tale trattato sarebbe per entrambe le sponde dell‘Atlantico. E‘ intervenuto anche padre Joseph Komakoma, segretario generale del Secam, che ha presentato le preoccupazioni dei vescovi africani sul progetto di trattato. (R.P.)

Il documento originale in inglese: pdf  
Le perplessità e gli argomenti sollevati riguardano in particolare
Sostenibilità e precauzione; Protezioni del lavoro; Popolazioni indigene; Migrazioni; Agricoltura; Sviluppo sostenibile e cura della creazione; Diritti sulla proprietà intellettuale; Meccanismi sulla risoluzione delle dispute; Partecipazione.
 

venerdì 17 giugno 2016

Proiezione di Fuocoammare e testimonianze

lunedì 20 giugno ore 21 al cinema teatro Lux di Camisano
in occasione della giornata internazionale del rifugiato 
verrà proiettato il film "Fuocoammare

a seguire la testimonianza del centro Astalli e di alcune famiglie di Camisano 
che da qualche mese accolgono due famiglie di profughi


giovedì 16 giugno 2016

L’ultimo articolo di Jo Cox

dalla pagina http://www.azionenonviolenta.it/basta-armi-allarabia-saudita-basta-massacri-di-bambini-yemeniti-lultimo-articolo-di-jo-cox/

Basta armi all’Arabia Saudita, basta massacri di bambini yemeniti.

La parlamentare laburista britannica Jo Cox, uccisa oggi da un fanatico nazionalista al grido “prima la Gran Bretagna”, era anche un’attivista dei diritti umani. Il suo ultimo articolo, pubblicato il 14 giugno anche sui suo profilo facebook, chiede al governo britannico di interrompere la vendita di armi all’Arabia Saudita, che li usa nella guerra in Yemen, di cui le prime vittime sono i bambini. E’ lo stesso appello che il Movimento Nonviolento – insieme alla Rete Italiana Disarmo – da tempo rivolge al governo italiano. Oggi con più forza, anche per continuare l’impegno di Jo Cox. Ecco di seguito la traduzione integrale del suo articolo (a cura di Abir Soleiman)

Se, come il ministro degli Esteri sostiene, “relazioni strette con i paesi del Golfo sono cruciali per la sicurezza della Gran Bretagna”, non è anche arrivato il momento di usare il nostro stretto legame con l’Arabia Saudita per porre fine al massacro di bambini yemeniti? Quindici mesi fa il conflitto in Yemen si è acutizzato, quando la coalizione guidata dall’Arabia Saudita ha avviato un intervento militare a sostegno del governo contro l’opposizione Houthi. Metà della popolazione dello Yemen ora non ha accesso ai beni primari – cibo, acqua e farmaci. E con la violenza che si diffonde nel paese, il bilancio delle vittime continua a salire.
La vita dei bambini in Yemen è sempre stata difficile, ma il recente conflitto la sta rendendo insostenibile. I bambini rappresentano un terzo delle vittime civili e, da marzo dello scorso anno, una media di sei bambini al giorno vengono uccisi o feriti. I bambini vengono anche violentati, rapiti e reclutati come bambini-soldato. E come in Siria, anche posti che dovrebbero essere sicuri, come scuole e ospedali, vengono continuamente attaccati. Non esiste posto dove ripararsi. Nel 2015 l’Onu ha attribuito il 60 per cento dei bambini feriti e il 48 per cento degli attacchi a scuole e ospedali alla coalizione guidata dall’Arabia Saudita. E la scorsa settimana, il report annuale del segretario generale delle Nazioni Unite su bambini e conflitti armati, per la prima volta, ha messo tale coalizione nella “list of shame” (lista della vergogna) per l’uccisione e la mutilazione di bambini. Tale coalizione si è così aggiunta a una lista di altri gruppi armate, statali e non, conosciuti per il terribile record di gravi violazioni contro bambini, e che comprende anche i governi del Sud Sudan e della Siria, così come Isis e Boko Haram. Anche gli Houthi fanno parte da alcuni anni di questa lista.
In ogni caso, con una mossa inaspettata e profondamente sconvolgente, lunedì notte il segretario generale ha temporaneamente rimosso la coalizione guidata dall’Arabia Saudita dalla lista, a seguito di pesanti pressioni dei sauditi e dei loro alleati. La rimozione è da intendere come temporanea, tuttavia il rappresentante permanente dell’Arabia Saudita presso le Nazioni Unite ha già dichiarato la decisione “irreversibile e incondizionata”. Questa azione segna un pericoloso e dannoso precedente, indebolisce la credibilità del report e, di fatto, indebolisce uno dei pochi concreti meccanismi internazionali per controllare gli abusi sui bambini durante una guerra. Inoltre, ignora l’ormai schiacciante prova di violazioni del diritto internazionale umanitario in Yemen – alcune delle quali potrebbero costituire crimini di guerra.
Alla luce di questo, la posizione del governo (inglese, ndr) è indifendibile e deve intervenire con urgenza attraverso tre azioni. Primo, dovrebbe usare tutta la sua influenza – inclusa l’appartenenza al gruppo di lavoro su “bambini e conflitti” del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite – per rimettere i sauditi dove dovrebbero stare, nella “list of shame” (lista della vergogna). Secondo, è tempo di smettere con le titubanze e lavorare con la comunità internazionale al fine di avviare un’inchiesta indipendente su presunte violazioni del diritto internazionale umanitario da parte di tutti gli attori del conflitto. Infine, il governo dovrebbe immediatamente sospendere la vendita di armi a qualsiasi delle parti che possa utilizzarle violando il diritto internazionale.
Il Regno Unito è uno dei maggiori fornitori di armi dell’Arabia Saudita, con vendite che toccano i 6 bilioni di sterline nell’ultimo anno. Se il governo continua a vendere armi a monarchie che le utilizzano per infliggere danni indiscriminati e sproporzionati ai civili e alle infrastrutture, stando al diritto nazionale, dell’Unione Europea e a quello internazionale, allora lo sta facendo illegalmente. Questa settimana abbiamo sentito un’altra volta il governo dire che solo lavorando insieme all’Arabia Saudita possiamo influenzarla. Lo accetto. Ma sicuramente è ora che il governo dimostri che questa influenza può aiutare i bambini yemeniti, così come contribuire alla sicurezza della Gran Bretagna. Stasera, i bambini in Yemen andranno a dormire con la paura del presente e sperando in un futuro migliore. Questi bambini hanno disperatamente bisogno che il governo inglese compia queste tre azioni. Non possiamo continuare a deluderli.

mercoledì 15 giugno 2016

Ri-pensare Vicenza

CINQUE OCCASIONI DI CONFRONTO
E DIALOGO TRA CITTADINI
 
L’Associazione Civica Vicenza Capoluogo inizia un percorso di ascolto di cittadini con competenze ed esperienze diverse per raccogliere e costruire un’idea di città. Avremo modo di ascoltare persone che per la loro professione e sensibilità offriranno interessanti e nuovi stimoli per una presenza civica in città più efficace e autorevole
 
click per ingrandire

martedì 14 giugno 2016

Festambiente Vicenza


La strage di Orlando, ossia la convergenza di “civiltà”

dalla pagina http://www.azionenonviolenta.it/la-strage-di-orlando-ossia-la-convergenza-di-civilta/

In questa vignetta del disegnatore Mauro Biani sono rappresentate in maniera efficace le implicazioni della strage di Orlando: il testo – “l’odio per la diversità incontrò il supermarket delle armi libere, felici si imbracciarono” – mantiene la sua validità tanto che l’attentatore sia stato mosso da “motivi” di odio personale contro gli omosessuali, quanto (come pare essere probabile) che sia stato mosso da “motivi” legati al terrorismo islamista. La pedagogia dell’odio per il diverso da sé, che genera tutte le violenze – da quella islamista che sta mettendo a ferro e fuoco principalmente l’Africa e il Medioriente a quella razzista che ha provocato tanti fatti tragici negli USA, ma anche in Europa (come per esempio la strage dei giovani socialisti in Norvegia ad opera del neonazista Breivik nel 2001) – trova agevolmente la possibilità di dare concretezza ai propositi violenti, rifornendosi di strumenti di morte nei contesti nei quali domina la pedagogia delle armi da fuoco, come nei teatri di guerra. E come negli USA.

Un’intera campagna elettorale è condotta negli Stati Uniti dal candidato repubblicano alla Casa Bianca all’insegna dell’odio per i portatori di differenze, identificati genericamente negli immigrati e nei discendenti degli immigrati, specie di religione musulmana, che vengono messi all’indice come terroristi tout court. Una campagna grottesca se si tiene conto che negli USA – tranne i discendenti dei nativi americani – sono tutti immigrati o discendenti d’immigrati. E’ una cultura bellicista, fondata sulla propagazione della paura, che vede nemici ovunque – all’interno quanto all’esterno – per giustificare l’aumento esponenziale del commercio delle armi, sia per uso domestico che internazionale. Una “cultura” che genera oltre 30mila morti ammazzati all’anno tra i cittadini statunitensi. Non è un caso, infatti, che la Nra, la potentissima lobby USA delle armi, appoggi esplicitamente Donald Trump e la sua narrazione xenofoba; e non è un caso, ancora, che gli USA spendano da soli circa il 40% dell’astronomica cifra di 1.700 miliardi di spese militari mondiali.

Nella strage di Orlando, che ha colpito un preciso gruppo sociale, ossia la comunità omosessuale, la potenza delle armi da fuoco – portate senza alcun controllo dentro il locale – è stata mossa dal processo di de-umanizzazione che accomuna gli “altri” – in questo caso i gay – sui quali sono stati scaricati i caricatori dell’odio. A partire dalla caccia alle donne accusate di stregoneria nel medioevo – passando per il genocidio dei nativi americani, la tratta degli schiavi, il colonialismo, la soluzione finale degli ebrei, il terrorismo islamista, tutte le guerre e i genocidi – gli esempi storici di questo meccanismo perverso di de-umanizzazione dell’altro, legittimato sempre da fondamentalismi ideologico-religiosi, che considerano l’altro da sé qualcosa di meno dell’umano, serve a liberare i freni inibitori della violenza. Tanto nei confronti dei nemici “interni” che dei nemici “esterni”: la costruzione dell’odio non ha confini.

La strage di Orlando è tragicamente paradigmatica: anziché uno “scontro di civiltà” è andata in scena la loro convergenza sulla pelle delle 50 giovani vittime. Che servono al terrorismo islamista per dimostrare la sua capacità di colpire al cuore dell’impero americano, servono al candidato razzista per rinforzare le sue ragioni elettorali, servono alla Nra per vendere ancora più armi e preparare nuove stragi e nuove guerre. L’unico vero scontro di civiltà – invece – è, sempre di più, quello della nonviolenza contro la barbarie. Per la prima è necessario l’impegno di tutti per il disarmo, culturale e militare; per la seconda è sufficiente far finta di nulla. Continuando ad armarci.

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Sono impegnato da molti anni nel Movimento Nonviolento, oggi nella segreteria nazionale, e faccio parte della redazione di “Azione nonviolenta”, rivista fondata nel 1964 da Aldo Capitini (www.nonviolenti.org). A Reggio Emilia, dove ho scelto di vivere, dopo aver partecipato negli anni a “reti”, “coordinamenti” e “campagne” ho contribuito a fondare e ad animare la Scuola di Pace (www.sdp-re.it).

domenica 12 giugno 2016

#iostoconledonne

dalle pagine 
Contro l'indifferenza, il paternalismo e il maschilismo. Perché gli uomini "devono scendere in campo con maggiore forza" contro ogni violenza sulle donne.

Dall'inizio del 2016 sono 59 le donne che hanno perso la vita per mano di compagni o ex. Dopo l'ennesimo episodio, per sensibilizzare l'opinione pubblica e contribuire concretamente a un cambiamento, Rainews ha deciso di aderire alla campagna #iostoconledonne lanciata da Lucia Annibali, una delle vittime della violenza dell'uomo. Raccoglieremo testimonianze e video e chiederemo agli uomini di "metterci la faccia" e continueremo a parlare di questi temi per mantenere viva l'attenzione. "La violenza sulle donne è figlia anche di una cultura molto maschilista in Italia, una cultura contro la quale gli uomini italiani dovrebbero scendere in campo con maggiore forza. #iostoconledonne vuol dire io sto dalla parte delle donne contro maschilismo, paternalismo e indifferenza"...


#iostoconledonne 

venerdì 10 giugno 2016

Droni USA: la politica dell'assassinio di Stato

dalla pagina https://theintercept.com/drone-papers/the-assassination-complex/ 


Dai suoi primi giorni come Comandante in Capo, il "drone" [o UAV, velivolo senza pilota] è stata l'arma preferita dal presidente Barack Obama, usata dai militari e dalla CIA per andare a caccia e uccidere le persone che la sua amministrazione ha ritenuto - attraverso procedure segrete, senza accusa né processo - meritevoli di esecuzione. C'è stata una intensa riflessione sulla tecnologia della uccisione a distanza, ma questa spesso serve come surrogato per ciò che dovrebbe essere un esame più ampio sul potere dello Stato sulla vita e sulla morte. 

I droni sono uno strumento, non una politica. La politica è l'assassinio. [...] Il Congresso [USA] ha evitato di legiferare sull'argomento o addirittura di definire il termine "assassinio". Ciò ha permesso ai sostenitori della guerra dei droni di cambiare etichetta agli assassinii con caratterizzazioni più accettabili, come il termine oggi usato: "uccisioni mirate"... 

Alcuni dati e informazioni aggiuntive
  • Covert Drone War: la guerra segreta dei droni - dettagli degli ultimi attacchi e dati relativi 
  • Get the data: Drone wars: dati sulle uccisioni con droni in Pakistan, Yemen, Somalia, Afghanistan...
    click per ingrandire
  • Airwars: Guerra-aerea: dati sulle uccisioni con droni in Iraq e Siria 
  • Drones kill rescuers in 'double tap', say activists: "double tap", "doppio attacco": dopo il primo attacco, un secondo attacco colpisce i soccorritori accorrsi; in aggiunta / oppure, attacchi successivi colpiscono il funerale delle vittime designate, assassinate nel primo attacco... 
  • La guerra dei droni: la violenza genera altra violenzail numero enorme di "errori" (fino al 90% secondo documenti segreti USA) nel colpire altre persone, spesso civili innocenti, al posto delle vittime designate è una delle cause dell'odio crescente verso USA e Occidente e vengono usati dallo Stato Islamico (ISIS) come argomento per recrutare combattenti 
  • Drone fact sheet: scheda sui droni curata da Code Pink.
dalla pagina http://www.redflagnews.com/headlines-2016/military-evacuating-women-children-from-ramstein-air-force-base-in-germany
 

La base della US Air Force a Ramstein, Germania, è il perno centrale per preparare ed eseguire guerre di aggressione che violano il diritto internazionale. La maggior parte delle missioni letali dei droni USA, ad esempio in Iraq, Afghanistan, Pakistan, Yemen, Siria e Africa, sono condotte dalla base della US Air Force a Creech, Nevada, via fibra ottica fino a Ramstein e da lì via satellite ... 
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Campagne e iniziative:
Un popolo - Una Terra - Stop gli attacchi con i droni!
I droni creano nemici