Pastorale Sociale ...

PASTORALE – “pastorale” deriva da pastore. È Gesù il vero e unico Pastore, che «dà la vita», che «conosce e chiama per nome» (Gv 10,11.14), che associa i suoi discepoli in questa qualità umana delicata e formidabile che è il “prendersi cura gli uni degli altri”: «Il pastore non è un mercenario» (Gv 10,13). Il mandato di Gesù Cristo è alto, serio ed esigente, espresso nelle splendide parole dell’apostolo Pietro: «pascete il gregge di Dio che vi è affidato, sorvegliandolo non perché costretti ma volentieri, come piace a Dio, non per vergognoso interesse, ma con animo generoso, non come padroni delle persone a voi affidate, ma facendovi modelli del gregge» (1Pt 5,2-3). Animare la comunità, animare i discepoli, non costretti, non perché assoldati, non spadroneggiando. Anzi, come ci ricorda il Concilio Vaticano II: «Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore. La loro comunità, infatti, è composta di uomini, i quali, riuniti insieme nel Cristo, sono guidati dallo Spirito santo nel loro pellegrinaggio verso il regno del Padre e hanno ricevuto un messaggio di salvezza da proporre a tutti» (Gaudium et spes, 1).

SOCIALE – questa parola ci è molto più familiare rispetto a “pastorale”. Si riferisce alla vita dell’uomo e degli uomini insieme, alla società, perché la comunità credente non ha solo il Vangelo da annunciare, non ha solo i sacramenti da celebrare, non ha solo la carità da sprigionare. La comunità dei discepoli di Gesù si assume il grande progetto della GIUSTIZIA nei rapporti tra gli uomini, anzi punta ad una “giustizia maggiore” (Mt 5,20) che vede operante anzitutto in Dio. L’immagine più diffusa della giustizia, per noi moderni, è la bilancia in perfetto equilibrio, pulita, matematica … e con gli occhi bendati. Per la Bibbia non c’è nulla di più ingenuo e idealista, per la Bibbia si tratta di rimuovere la benda e guardare chi sta manomettendo la bilancia in modo che l’equilibrio “sembri” giusto, senza che lo sia in realtà. Né bende, né bilance! Il simbolo più eloquente della giustizia di Dio è un torrente in piena (Am 5,24), che con enorme potenza invade una gola di montagna e porta via con sé tutto quanto incontra: un massiccio incalzare di acque che precipitano lungo la fiancata della montagna, che purificano e ristorano, che battezzano una terra languida che muore per troppa aridità. Se la vita degli uomini è l’argilla, la giustizia è «lo stampo in cui Dio vuole che la storia venga modellata» (A. Heschel). La giustizia che modella il cuore, l’intelligenza, i giudizi che diamo (o che non vogliamo dare). La giustizia che modella le misure che pretendiamo e che concediamo. La giustizia che parte dall’ospitalità, dal fratello e sorella di questo mondo, dal rispetto e salvaguardia di quello che non è nostro ed è di tutti … Contagiare il vangelo con la vita, e ancor più contagiare la vita con il vangelo.


Un po' di storia.

La pastorale sociale e del lavoro a Vicenza, come nella Chiesa italiana, è sorta negli anni del post-Concilio voluta da Paolo VI per superare la lontananza del movimento operaio dalla Chiesa, impegno già presente con le encicliche sociali, ma concretamente delegato alle associazioni.
E’ stata la scelta per investire la “pastorale ordinaria” di tutta la Chiesa della responsabilità di annunciare il Vangelo secondo le indicazioni del Concilio che dice esplicitamente: “la dissociazione, che si constata in molti, tra la fede che professano e la vita quotidiana, va annoverata tra i più gravi errori del nostro tempo” (GS 43). Un impegno non solo verso i lavoratori e le lavoratrici, ma verso tutte le categorie sociali, per realizzare una società più giusta.

A Vicenza la Pastorale sociale, qualificata sbrigativamente del lavoro, si è radicata tra varie difficoltà (in particolare tensioni fra i movimenti) che però sono servite a darle uno spessore significativo. Con un susseguirsi di periodi più o meno felici, si era arrivati ad avere gruppi di Pastorale nelle zone, composti dalle più varie appartenenze che periodicamente, a loro volta, si incontravano nei convegni diocesani, e/o in ricorrenze particolari. C’è stata una presenza significativa dei preti operai, come in altre realtà italiane, e tre di loro vivevano in comunità.

La Commissione, con la guida dei vari delegati succedutisi nel tempo, ha svolto per decenni un ruolo importante nel diffondere informazione, fare formazione, promuovere relazioni e mediare tra le varie forze in campo… spesso in tensione fra loro. Particolare è stato il sostegno al sindacato nella gestione di situazioni difficili, negli anni “duri”. Storica è la chiusura anche della Curia nella giornata a sostegno della vertenza Cotorossi.
Si può dire che tutto l’insieme ha contribuito a superare molti pregiudizi verso la Chiesa, ha generato un clima di reciproca fiducia, di accoglienza e simpatia, di collaborazione con le varie forze sociali e sindacali, anche se non senza fatiche, si è creato un clima positivo che permane.
Il periodo più “vivace” è stata l’epoca del vescovo Onisto: per tutti prezioso riferimento, spesso sostegno concreto per le persone impegnate, a costo di pagare il prezzo dell’incomprensione di una parte del clero e duri attacchi da altre forze: ad esempio, l’accusa di incompetenza da parte degli industriali, ha avuto eco anche sulla stampa nazionale. La sua fermezza, la sua fede e fiducia nelle persone, che incontrava spesso per essere informato e sempre partecipe, ha certamente contribuito a far crescere la sensibilità per il tema del lavoro e a far maturare competenze; sosteneva chi si impegnava, benediva le fatiche delle persone – di ogni appartenenza – che si impegnavano per il bene dei fratelli o dei “compagni”… Il vescovo Onisto non ha esitato a celebrare nelle fabbriche occupate.

Di fatto, anche all’interno della Commissione erano presenti le stesse tensioni che il mondo del lavoro viveva, e valutazioni a volte divergenti sui fatti concreti; ma non è mai mancata la sintonia nella convinzione che fare pastorale è annunciare il Vangelo: nei convegni non mancava mai la relazione del biblista, del teologo. Il clima di allora può essere così riassunto: ci impegniamo perché il Vangelo ce lo chiede; siamo cristiani non nonostante il lavoro e la fatica di vivere in società, ma proprio perché cristiani sentiamo la chiamata a impegnarci per una società più giusta.
Quando “fare rete” era una espressione sconosciuta, di fatto si viveva il collegamento anche con le altre diocesi e non solo del Triveneto; molti sindacalisti avevano i loro momenti di formazione spirituale e c'era un continuo interscambio sui problemi da affrontare e sulle scelte da fare.

Una convinzione è sempre stata alla base dell’impegno nella pastorale sociale: le persone impegnate desiderano sentirsi accompagnate, sostenute dalla Chiesa, non solo perché considerata “autorità” ma perché in grado di dare radici alle loro fatiche, sostegno ai loro obiettivi: per chi crede in nome del Vangelo, per tutti in nome di una società più umana e giusta.

La Commissione in diocesi è sempre stata più o meno attiva, non è mai mancato il collegamento con l’Ufficio Nazionale e la partecipazione alla Commissione Triveneta – don Venanzio è stato per anni il Delegato.
Gradualmente vari mutamenti nel clima sociale e nuove situazioni hanno fatto calare la vitalità anche della Commissione. Successivamente la CEI ha unificato varie commissioni, ampliando il campo di competenza e di impegno della pastorale sociale, includendo così: lavoro, giustizia, pace, salvaguardia del creato…

Chi siamo oggi?

Oggi siamo la commissione diocesana per la pastorale sociale: lavoro, giustizia e pace, cura del creato.
Partendo dalla varietà di esperienze personali e in continuità con le precedenti esperienze di commissioni diocesane, stiamo costruendo la nostra identità, da una parte ben fondata e allo stesso tempo “aperta”, come commissione unica di “pastorale sociale” che si interessa, riflette e lavora in più ambiti.
Ambiti e dimensioni così importanti da intercettare la vita delle persone, delle famiglie, i loro interessi, difficoltà, problemi, sofferenze.
Ambiti, dimensioni e tematiche però spesso assenti o trascurate nella riflessione e nella vita delle nostre comunità cristiane di provenienza.